“The Future is not what it used to be” (il Futuro non è più quello che era una volta).
Questa una delle chiavi di lettura, forse la più significativa, del “recital” intitolato “Republic Of Love” con cui Laurie Anderson ha inteso prendere parte alla rassegna 'Sempre più fuori', il festival multidisciplinare di teatro, musica, danza, cinema, letteratura e fotografia che si svolge a Villa Massimo, sede dell'Accademia Tedesca di Roma, e che si svolge grazie anche al contributo del Goethe Institute. La “performance” di Laurie Anderson, musicista ed artista multimediale newyorchese, da sempre un passo avanti a tutti in quanto a creatività, voglia di sperimentare e coraggio, è stata una gustosa anticipazione di quel che accadrà il 3 novembre sempre qui a Roma nella Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica, quando tornerà ad esibirsi con i Sexmob, la sua band, nell’ambito del Romaeuropa Festival. Il recital di questa sera, uno “spoken word” supportato dall’elettronica e intervallato da interventi al violino elettrico, ha voluto rendere partecipe il pubblico della situazione in cui versano gli Stati Uniti d’America.
Un racconto lucido e surreale, a tratti spaventoso ed orribile, sulle limitazioni imposte dal nuovo regime politico. Senza mai nominare Trump ed il suo vice, il testo (inglese con sottotitoli in italiano) era implicitamente diretto a lui, alla nuova classe dirigente ed evidenziava come perfino certe parole - in particolare quelle che sanciscono i diritti civili - siano sparite dai documenti ufficiali federali e non si possano più usare nell’America di oggi. Una riflessione sulla politica e sull’amore, su quello che dovrebbe essere, ma non è. “Republic Of Love” (o “State of Love”) era basato su questo e ha messo in evidenza l’assenza di qualsiasi concetto di futuro nelle giovani generazioni, nessuna speranza anche per il nostro Pianeta, abusato fino all’estremo.
Parole lucide e molto pacate, ma parole che sono andate contro, sia nei confronti dei governi sovranisti sia nei confronti dell'intelligenza artificiale. I rapporti umani sono cambiati, il nostro linguaggio è cambiato, ma c’è anche chi sopravvive a tutto questo: ci riesce grazie all’arte, all’amore, ad una nuova forma di delicatezza, sbattuta in faccia ai bruti. Molte le citazioni e i riferimenti poetici, filosofici e letterari attraverso i quali Laurie Anderson ha voluto scardinare le fondamenta di “standard” esistenziali a dir poco barbarici. Sono state citate le meditazioni contenute nel diario di Marco Aurelio, ci sono stati riferimenti a Platone, ai maestri buddisti e anche a Papa Leone XIV che ha corretto Vence su una errata interpretazione di Sant’Agostino: “Non esiste una gerarchia che stabilisca quello che deve essere il grado del nostro amore per gli altri".
L’America una volta era conosciuta come la Terra della libertà, ma che cosa è diventata adesso? Non dobbiamo aver paura della grazia della bellezza e di usare certe parole. Se lo facciamo, le cose che eravamo soliti definire, studiare, amare, con il passare del tempo spariranno. Laurie Anderson si è scagliata anche contro il culto del mercato, del denaro che non è “il motore del mondo”, come alcuni vogliono farci credere. Alla fine della serata Laurie ha voluto ricordare suo marito, Lou Reed, morto nel 2013.
Erano soliti praticare insieme il Thai Chi' e allora ha invitato il pubblico ad alzarsi in piedi e a ripetere con lei i movimenti lenti, ma armoniosi, dell’antica arte marziale cinese.
Articolo del
18/07/2025 -
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