Nel 2011 MarteLive, il grande evento multidisciplinare nato a Roma e attivo da circa vent’anni, è diventato un festival Biennale sempre più alla ricerca delle eccellenze artistiche Made in Italy. La BiennaleMArteLive è il passo successivo del festival “MArteLive lo Spettacolo totale” e, mantenendo il format multidisciplinare, punta ad una dimensione europea ospitando artisti internazionali e dando spazio a tutte le espressioni delle culture giovanili e dell’innovazione artistica.
Quest’anno, all’interno del programma della Biennale Marte Live 2019, spunta il nome di un ospite inaspettato. Si tratta di Stuart Braithwaite, cantante e chitarrista dei Mogwai, una delle più influenti band post-rock contemporanee. Spesso la passione per la musica conduce un artista, seppur già affermato, a sperimentare nuovi suoni e melodie e, così è accaduto a Stuart Braithwaite che, anni fa, ha cominciato un suo percorso da solista in cui propone brani inediti, componimenti firmati Mogwai e anche alcune cover.
Il leader del gruppo scozzese si è esibito giovedì 5 dicembre al Planet di Roma in una dimensione solitaria molto intima e introspettiva che ha decisamente conquistato il pubblico. Sono le 23 quando Braithwaite si posizione al centro del palco e abbraccia convinto la sua chitarra, è sereno e si percepisce da subito che sarà una serata speciale. Indossa abiti comodi un semplice maglione blu, un paio di jeans e delle vans colorate…
Durante il concerto, di circa cinquanta minuti, il cantante mantiene bene il controllo della voce e, tranne in quei brevi momenti in cui è infastidito da un brusio generale dentro il locale, riesce a tenere alto il livello globale dell’intera performance. I fortunati spettatori in prima fila che sono vicinissimi a lui, quasi ad un metro di distanza, possono osservare la sua maturità artistica, l’intensità della sua voce e la tecnica mostruosa che rendono questo artista uno dei più talentuosi in circolazione. Tra un brano e l’altro Stuart Braithwaite sorseggia un bicchiere di vino rosso e, timidamente ringrazia un po’ in italiano e un po’ in inglese il pubblico che, soprattutto sottopalco, è rapito ed emozionato.
Nel corso dell’esecuzione dei dieci pezzi, tra cui “Cody”, “Teenage Exorcists”, “Secret Pint”… c’è un momento che, i sostenitori dei Mogwai accorsi a questo evento, attendevano con trepidazione e infatti, poco prima della chiusura, il cantante inizia a suonare uno dei brani della band di Glasgow più celebri: “Take Me Somewhere Nice” che parla “il linguaggio segreto di chi ha i sogni infranti”. Nel momento in cui Stuart Braithwaite attacca con i versi“Ghosts in the photograph never lied to me, I’d be all of that, I’d be all of that. A false memory would be everything, A denial, my eliminent” si è avvolti subito dalla tristezza poi avviene una scarica di adrenalina incredibile. È quasi mezzanotte e purtroppo il tempo della buona musica è terminato. L’augurio è di potersi imbattere di nuovo in uno spettacolo di questo livello
Articolo del
09/12/2019 -
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