Nonostante faccia questo lavoro da pochissimo tempo, ho già ampiamente compreso una cosa (per la quale non bisognava essere geni per capirla, si badi bene): recensire un live è una cosa meravigliosa ma, al contempo, difficilissima. Il live è l'intima vibrazione della musica allo stato puro, e riuscire a mantenere un certo distacco professionale è abbastanza difficile.
Così come è difficile riuscire a non farsi coinvolgere dai pezzi, soprattutto quando a suonare è un artista particolarmente caro al giornalista in questione.
Ecco, andare ad un concerto di Francesco Motta pensando di non farsi coinvolgere è pura illusione. Indipendentemente da quando si possa conoscere o apprezzare, ad un suo concerto è impossibile annoiarsi o non seguire. E tutti gli spettatori del concerto di Ortigia lo potranno testimoniare.
Scaletta che verteva su gran parte dei brani de La fine dei vent'anni e Vivere o morire, più un paio di pezzi dal repertorio dei Criminal Jokers e Dov'è l'Italia", brano sanremese, per un totale di un paio di ore di musica. Da un punto di vista strettamente tecnico, anche le canzoni di Vivere o morire, disco con sonorità più morbide ed orchestrali, rispetto al primo, sono state riarrangiate con strutture musicali molto simili allo stile, più ruvido ed aggressivo, de La fine dei vent'anni, in un mix di generi che andavano da atmosfere più calde, tipo "Mi parli di te", per passare ad un gran bel rock (splendida, in tal senso, la trasformazione di "Quello che siamo diventati"), non facendo mancare le sfumature grunge e punk ("Roma stasera" o "Ed è quasi come essere felice"): un trionfo della mia amata musica suonata.
Fenomenale l'intera sezione ritmica, con un basso marcatissimo e soprattutto col violoncello a creare dissonanze e svisare. Menzione speciale per Giorgio Maria Condemi alle chitarre: i lunghi intermezzi strumentali su "Cambio la faccia" e "Roma stasera" in particolare portano i graffi delle sue schitarrate distorte. Senza paura di esagerare, quanto di più vicino a Steve Albini (se non lo conoscete, ascoltatevi "Terraform" degli Shellac e tornate) si sia sentito negli ultimi tempi. Vocalmente, Motta in formissima: mai una stecca o qualche nota calante. E non è scontato, dal momento che, complici i continui cambi di ottava, cantare i suoi pezzi è abbastanza difficile.
Dal punto di vista della teatralizzazione dello spettacolo, beh… giochi di luce e fumo praticamente costanti, a creare un'atmosfera spesso soffusa ed indefinita, che si sposava benissimo con l'eclettismo musicale di ogni brano. Motta è stato un perfetto padrone di casa, ha scherzato spesso col pubblico, gli ha parlato (spesso e tanto), lo ha coinvolto ed ha creato praticamente da subito i presupposti per un'atmosfera molto intima, nonostante non fossimo pochi. Poi si è dimostrato un vero animale da palcoscenico, dominatore assoluto di un ambiente che sa di conoscere alla perfezione. Ed anche la band non è stata assolutamente da meno. Molto intimo anche il finale di concerto, con la band seduta a bordo palco, a suonare e cantare in acustico insieme al pubblico "Abbiamo vinto un'altra guerra" e "Ogni città" (sì, quella di Robin Hood della Disney), come buonanotte finale.
È stato un concerto genuino, vero, diretto e potente. Motta ha la grande capacità (come alcuni suoi colleghi, Giorgio Canali, Appino e Brunori su tutti) di riuscire a raccontare l'uomo nel suo quotidiano, è empatico. E risulta emozionante proprio per questo, al di là della bellezza in sé dei suoi testi. Le sue canzoni sono vive perché, oltre che mutevoli d'arrangiamento e quindi vive musicalmente, parlano di vita vissuta, di esperienze dalle quali siamo passati o passeremo tutti.
Ecco perché non è indie e rientra a pieno diritto nel novero dei cantautori, assieme agli altri tre signori citati sopra. Non manca il momento più politico all'interno del concerto (cosa che gli ha procurato non poche grane durante le date precedenti), il rimarcare con passione l'appartenenza ideologica alla sinistra (mi ha fatto sentire un po' meno solo, ndr), in barba agli sproloqui di un ministro che preferirebbe l'atrofizzante canzonetta d'amore melensa e sdolcinata, quella, appunto, per evitare ogni forma di pensiero critico. Ecco, Motta va ringraziato anche per questo, per il coraggio di schierarsi, essere "partigiano" quando mala tempora currunt.
In conclusione, se il Motta da studio è un cantautore di valore assoluto, il Motta live riesce ad essere anche migliore. Un concerto bello, coinvolgente ed esplosivo.
Andatelo a vedere se ne avete l'occasione, non ve ne pentirete assolutamente.
Articolo del
05/08/2019 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|