I Soen sono arrivati all'Orion di Ciampino in compagnia di due delle band che gradualmente stanno affermando il loro posto all'interno della scena progressive rock/metal, i Wheel ed i Ghost Iris. Le tre incandescenti formazioni hanno portato sul palco oscuro del locale alla periferia di Roma un'esplosione di riff in simbiosi perfetta con le luci tentacolari dello stage, per tre scalette di assoluto spessore artistico.
Mentre ancora l'Orion richiamava a sè i tanti presenti che poi avrebbero saturato del tutto il locale in ogni sua parte, ecco i Wheel salire sul palco coperti da cappucci, imperscrutabili per i primi due pezzi, Vultures e Tyrant, per poi rivelarsi ed esaltare con gli altri due brani della loro setlist, Where The Pieces Lie e Wheel. Da poco usciti con il loro primo album omonimo, il gruppo di Helsinki, nonostante soli quattro brani, due dei quali però della durata di più di 10 minuti, è riuscito a riproporre con decisa personalità quella commistione tribale di note che tanto deve sia agli Opeth che ai Tool.
A calcare la notte di Ciampino dopo di loro sono stati i Ghost Iris, band tendente più al metalcore puro, ma che allo stesso modo dei Wheel ha saputo infiammare i nuovi adepti giunti ad ascoltarli dal vivo anche grazie alle buone idee messe in luce nell'album Apple Of Discord, uscito a febbraio di quest'anno. Un'iniezione di adrenalina direttamente in vena, con il cantante che ha ripetutamente chiamato anche il pubblico delle retrovie a farsi avanti, in una rincorsa furiosa all'headbanging selvaggio.
Lasciata anche loro la sala, oramai occupata in ogni dove, ecco palpabile arrivare l'attesa ad ergersi sottilmente tra le parole di molti, mentre gli strumenti dei Soen vengono scoperti, mentre si accende il loro logo sullo sfondo. Il recentissimo Lotus ha spazzato via ogni malcelata critica che in passato gli era stata rivolta, consolidando ancor di più la nutrita schiera di fan giunti ad assaporare dal vivo la policromia musicale tipica dei loro album. La voce del cantante Joel Ekelöf è stato un distillato di suadenti richiami al sogno e all'impeto, un ambivalente e bellissimo portento che ha solcato l'aria delineandosi guida e luce dei numerosissimi cori a supporto dei tanti brani tratti dai quattro album dei Soen finora usciti.
Quando poi lo si è visto leggere, in un italiano abbozzato, alcune righe sulla bellezza di Roma e sulla chiusura del tour proprio in Italia, si è percepito intensamente il sincero affetto e passione che questa band infonde tra le proprie parole e le proprie note, sia in studio che dal vivo. Tra una Lascivious ed una Sectarian, una Slithering ed una Lucidity, ad emergere poi chiaramente è stata la peculiare e riconoscibile batteria di un mostro del settore, Martin Lopez, che, dopo aver lasciato Opeth ed Amon Amarth, ha trovato nei Soen il giusto luogo ove rinascere dalle proprie ceneri ed evolvere ancor di più il suo stile.
Ma è stato l'intero gruppo ad abbracciare la bellezza in questa indimenticabile serata, i loro sorrisi, i loro saluti, la loro umiltà. Alla fine, a lasciare l'Orion è stata solamente l'apatia della vita di tutti i giorni, mentre a rimanere, tra i ricordi dei presenti, colori, pentagrammi, musica.
Articolo del
09/04/2019 -
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