Una serata incantevole accoglie il ritorno a Roma di Patti Smith, cantante e poetessa americana, innamorata del Rock and Roll. Non contiamo più le volte che si è esibita in città o altrove in Italia, d’altra parte non è un mistero che qui Patti si sente come a casa sua, forse meglio.
Ha pubblicato da poco Devotion, il suo nuovo libro, ma sul piano discografico l’ultima uscita risale a Banga del 2012. Lei però non è il tipo di artista che ha bisogno di un album nuovo per affrontare un nuovo tour, per affrontare la scena. A quasi 72 anni d’età non deve dimostrare nulla a nessuno, vuole solo portare al mondo le sue parole di amore, di speranza, la sua musica e insieme la sua battaglia per un mondo migliore, dove personaggi come Trump, Putin e Salvini non abbiano alcuna ragione di esistere e parlare.
Accanto a lei l’amico di sempre Lenny Kaye, alla chitarra solista, Jackson Smith, il figlio, alla seconda chitarra, Tony Shanahan, al basso e alle tastiere, e Jay Dee Daugherty, alla batteria.
Si comincia con un reading che ha come oggetto le parole di Robert Kennedy, il leader democratico assassinato in America nel 1968 mentre faceva campagna elettorale per le Presidenziali “Le grandi domande devono essere poste da voci altrettanto grandi” recita Patti poco prima delle note di People Have The Power, un classico, ascoltato mille volte, ma che si adatta benissimo a completare il passaggio appena letto. “Usate le vostre voci!” grida Patti rivolta al pubblico, al termine di un brano che invita a non smettere di credere e di sognare.
Segue il dolcissimo “reggae” di Redondo Beach e - a sorpresa - Mind Games di John Lennon, le cui parole vengono lette da Patti su un foglio. Ghost Dance e Dancing Barefoot fanno decollare la serata, Patti incita Tony, il suo bassista, a darci dentro, ancora più forte, non vuole cali di tensione questa sera a Roma, la sua “beloved city”, di fronte all’architettura delle torri dell’Auditorium disegnate da Renzo Piano.
Patti si concede una pausa per ringraziare Papa Francesco, l’unico punto di riferimento rimasto, che lancia anatemi contro le compagnie petrolifere, contro l’inquinamento delle acque, della Terra. In tema l’esecuzione delle novità vera della scaletta di questa sera: una potentissima versione di Beds Are Burning dei Midnight Oil, un pezzo del lontano 1987, scritto da un gruppo australiano impegnato contro l’impoverimento delle risorse della Terra a fini industriali e contro il massacro degli aborigeni. Il pubblico è ormai preda delle note contagiose del rock and roll di Patti e si getta sotto palco controllato a stento dalla sicurezza.
La band esegue People Who Died di Jim Carroll per la voce di Lenny Kaye, mentre la Smith danza sul palco. Epica, come sempre, Pissing In The River, anche se in una versione più rallentata rispetto a quella che eravamo soliti ascoltare.
Sul finale le note trascinanti di Land, tratta da “Horses”, che confluisce in Gloria con un “groove” esaltante, che sembra non finire mai! Patti torna sul palco per eseguire I Can’t Help Falling In Love With You” di Elvis Presley e per salutare tutto il pubblico accorso a salutarla con l’immancabile Because The Night, sommersa da un diluvio di voci, suoni ed emozioni
(foto di Beatrice Ciuca)
SET LIST People Have the Power Redondo Beach Mind Games (John Lennon) Dancing Barefoot Beds Are Burning (Midnight Oil ) People Who Died (Jim Carroll) Beneath the Southern Cross Peaceable Kingdom Pissing in a River Land/Gloria Encore: Can't Help Falling in Love (Elvis Presley) Because the Night
Articolo del
12/06/2018 -
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