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The War On Drugs
The War On Drugs live @ Fabrique – Milano, 18 novembre 2017
di
Valerio Di Marco
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I War On Drugs possono a ben diritto fregiarsi del titolo di pietra miliare del rock di questo decennio, non fosse altro per aver ridato lustro a termini quali roots e folk e averli reinterpretati in chiave se non moderna, quantomeno inedita...Eppure, almeno dal vivo, c'è qualcosa di inespresso, di silenziato, di ricacciato in gola, in questo sogno americano in sordina e un pò annacquato.
Adam Granduciel ha trovato la formula giusta col gigantesco Lost In The Dream del 2014 e adesso pare non essere interessato che a replicarla, mondandola di qualsiasi elemento di possibile disturbo. Il risultato, però, è che se ne resta abbottonato in un'ortodossia quasi artificiosa che abbraccia tutto lo spettro dello scibile artistico, dall'estetica fin troppo rispettosa di un certo modello neilyoungiano alle sonorità nuove e vecchie al tempo stesso, al modo di cantare - e parlare - "ciancicato" da menestrello che imita Dylan.
Questo eccessivo rigore nel rispetto dei canoni finisce per ingessare la performance al punto che i brani suonati dal vivo risultano perfettamente sovrapponibili alle versioni su disco. Il che se può essere un complimento dal punto di vista tecnico non lo è su quello emozionale.
Non c'è la scheggia impazzita, l'embolo che parte all'improvviso e rende un concerto un'esperienza unica. Sembra quasi di assistere a una recita. Perfetta, ineccepibile, ma poco sentita. Non c'è la scossa, se non a tratti. Le corde toccate sono tante ma non quelle più profonde, e la scintilla non scocca mai per davvero. E questo nonostante il deus ex machina del combo che una volta annoverava in formazione anche Kurt Vile appaia spesso sorridente e a suo agio sul palco.
I brani dell'ultimo A Deeper Understanding la fanno da padroni (8 su 15 in scaletta) nella serata meneghina ma il sussulto lo danno ancora An Ocean In Between The Waves, Buenos Aires Beach e soprattutto Under The Pressure, questa sì piena, vibrante, partecipata. Anche loro sul palco si autogalvanizzano non appena l'attaccano, quasi sorpresi da tanta potenza che gli scaturisce dalle mani e da una risposta del pubblico oltre le attese.
Ecco, le attese. Forse era questo il problema. Forse avevamo caricato i sei di Philadelphia della responsabilità di essere tra i pochi ancora in grado di cambiarti la vita con un concerto. O forse, più semplicemente, all'appuntamento con loro siamo arrivati con un tour di ritardo
(foto di Valerio Di Marco)
Scaletta: In Chains Baby Missiles Pain An Ocean In Between The Waves Strangest Thing Knocked Down Nothing To Find Buenos Aires Beach Red Eyes Thinking Of A Place Holding On Lost In The Dream Under The Pressure In Reverse --------------------------------------------- Burning You Don't Have To Go
Articolo del
19/11/2017 -
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