In questo luglio romano fiaccato dalla siccità i Wire hanno portato una ventata di freschezza. In senso letterale, poiché nella serata dell'esibizione della band inglese a Villa Ada era necessaria la "felpetta" per far fronte al drastico abbassamento delle temperature.
La freschezza in senso lato, invece, non potevamo certo aspettarcela da loro. Non sarebbe stato giusto per una band che è in giro da quarant'anni. Anche se poi sono invecchiati molto meglio di tanti loro coetanei, a giudicare dagli ultimi lavori.
L'ultima fatica Silver/Lead, uscita a fine marzo, è la sedicesima in studio per la leggendaria band londinese la cui attività si è addirittura fatta frenetica negli ultimi due lustri, quelli trascorsi dalla dipartita del chitarrista e co-fondatore Bruce Gilbert. Nel periodo, cinque dischi d'inediti e uno di brani ripescati dagli archivi degli esordi, seppur mai pubblicati. Un'enormità, se si pensa ai numerosi stop&go che hanno caratterizzato la loro carriera, con intervalli anche di dieci anni tra un disco e l'altro. Adesso invece sono onnipresenti. La quantità genera qualità, avranno pensato, e hanno avuto ragione.
Anche dal vivo ne profondono parecchia, sebbene l'acustica ieri sera facesse pena e sebbene si siano sprecati il minimo sindacale, un'ora e dieci di concerto in cui hanno infilato una quindicina di pezzi. Il tutto con il loro proverbiale stile compassato e poco incline allo scambio col pubblico. Il bassista Graham Lewis è il solo che tenta un minimo d'approccio con gli astanti, Colin Newman addirittura non guarda mai oltre il bordo del palco. Solo una volta si concede un simil balletto dettato più dall'enfasi del momento che da un'improvvisa forma di "freddymercurismo".
Stranamente, quelli italiani di Milano e Roma erano gli unici due concerti estivi della band. Il tour riprenderà nella seconda metà di settembre dagli USA.
Quasi metà scaletta se la pappano i nuovi brani: Diamond In A Cup, An Alibi, This Time, Brio, Playing Harp For The Fishes, Short Elevated Period, Silver/Lead.
Al periodo d'oro, unanimemente considerato il triennio 1977-'79, quello coincidente con la prima trilogia, restano le briciole. Giusto Three Girl Rhumba, da Pink Flag.
Anche la seconda fase, quella iniziata nel 1987 con The Ideal Copy dopo il primo scioglimento di sette anni prima, è solo accennata con Ahead. Perchè sì, loro guardano sempre avanti. Era un must nei circoli bohemienne e intellettuali londinesi di fine Anni Settanta, ed è un must adesso, a quarant'anni da quando issarono "bandiera rosa"
(foto di Viviana Di Leo)
Articolo del
28/07/2017 -
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