Una serata davvero particolare, dedicata per intero al recupero della tradizione popolare romana e che vede esibirsi sul palco del Teatro Vascello diversi gruppi emergenti della scena indie folk locale.
Si comincia con il Ponentino Trio, trasteverini doc, che ci regalano uno show molto sentito ma anche divertente a metà strada fra la riproposta di canzoni di una volta e un cabaret alla Petrolini. Il gruppo è composto da Costantino Pucci, un narratore garbatamente ironico che conquista subito il pubblico presente in sala, da Daniela De Angelis, interprete appassionata e potente, e da Cesare Oliva, impegnato a tessere le trame musicali dei brani alla chitarra acustica. Vi segnaliamo, su tutto, brani di grande impatto come Insulti Romaneschi e una accorata esecuzione di Lella.
Subito dopo sale sul palco la band di Emilio Stella, un cantautore romano in rapida ascesa che ha già all’attivo un album intitolato Panni e Scale e che sta preparando il nuovo disco. Ballate in dialetto romanesco ma che si avvalgono di un substrato musicale che mette insieme in maniera molto colorita e divertente ingredienti folk, incursione nel reggae ed elementi tipici della canzone popolare. Molto belle le esecuzioni di E io Te Amo messa in musica dopo la lettura di un testo originale di Er Pinto, e di Alle Case Popolari; assolutamente spassose invece La Storia delle Donne Passate e Pontina, un brano che di certo apparirà sul nuovo album. Sul finale ecco che arriva la sorpresa: un altro brano nuovo, intitolato La Gattara che vede la partecipazione al controcanto di Daniele Coccia, de Il Muro del Canto.
Dopo quindi minuti di intervallo, arriva il momento più atteso: il ritorno de Il Muro del Canto che, a dire il vero, al Teatro Vascello è ospite fisso da diverso tempo. Il Muro è ormai una gruppo di culto che raccoglie intorno a sé un numero sempre più grande di fedelissimi, che non si perdono un loro spettacolo. Un consenso cresciuto attraverso un passaparola assolutamente spontaneo e inarrestabile, che testimonia la validità della proposta musicale della band composta da Alessandro Pieravanti, voce narrante, timpano e percussioni, da Giancarlo Barbati, alla chitarra elettrica, da Ludovico Lamarra, al basso, da Alessandro Marinelli, alla fisarmonica, da Eric Caldironi, alla chitarra acustica e dal sopra citato Daniele Coccia, alla voce.
Si parte subito alla grande con l’impianto epico di Madonna delle Lame, una ballata struggente eseguita in dialetto romanesco e che costituisce uno dei brani migliori di Fiore de Niente, l’ultimo lavoro del Muro, un album di grande spessore e molto maturo sul piano compositivo. Si prosegue con una cover molto apprezzata dal pubblico: Intanto Er Sole Se Nasconne un brano composto dal compianto Stefano Rosso, un cantautore trasteverino di fine anni Settanta, mai apprezzato fino in fondo, all’epoca, da una critica musicale superficiale e distratta.
Il Muro alterna passato e presente senza mai rinunciare a quel folk rock dai forti contenuti sociali che caratterizza tutto il suo repertorio. Bellissima l’esecuzione di Luce Mia, una canzone d’amore scritta da Daniele Coccia ancora prima che Il Muro esistesse come band ma che poi è diventata uno dei punti fermi della sua storia musicale. Amore e dolore convivono in questa canzone, come la voglia di vita e l’insoddisfazione in altri testi del gruppo. La qualità del Muro? Non è la prima volta che li ascolto dal vivo, ma l’emozione è sempre la stessa. Questo perché la loro musica è coinvolgente, tocca delle corde davvero intime e personali e possiede una capacità di rivolgersi alla gente in modo così diretto e sincero che è unica e inimitabile.
Ogni loro esibizione è un evento e il pubblico non è mai stanco di ascoltare le loro canzoni, al contrario si identifica in esse, in una sorta di transfer collettivo semplicemente ammirevole. La voce solenne, oltre modo potente, talvolta cupa di Daniele Coccia (reduce da esperienze metal con i Surgery) è il tratto distintivo del gruppo, intorno al quale ruota tutto il repertorio della band che cerca ed ottiene l’abbraccio del pubblico in un finale mozzafiato in cui i musicisti non si risparmiano, dove affiorano radici etno-punk, dove la musica - così intesa – diventa atto di donazione vero da parte di un collettivo musicale che non sarà mai come gli altri, che non vuole saperne di essere addomesticato!
(Foto di Viviana Di Leo)
Articolo del
02/06/2017 -
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