Domenica sera, in un Fanfulla ancora mezzo vuoto, appare Zaleska, progetto solista della contrabbassista romana Caterina Palazzi leader dei Sudoku Killer. Servirebbe un'atmosfera più concentrata, probabilmente queste sonorità rarefatte non si confanno troppo agli avventori della serata. Ma poco importa: Zaleska avvolge l'ambiente facendo gridare il suo contrabbasso, mandandolo poi in loop e creando dissonanze immersive. Potremmo trovarci nel bel mezzo di un inseguimento in un film d'altri tempi, o forse incastrati in una catena di montaggio senza fine: qui è il ripetitivo impersonale dell'inconscio a parlare.
Passa poco tempo, e cambia radicalmente scenario. Salgono sul palco i Fuzz Orchestra, Luca Ciffo (chitarre), Fabio Ferrario (rumori, campioni audio, tastiere) e Paolo Mongardi (batteria). Gruppo attivo dal 2006, presentano il loro ultimo album “Uccidili tutti! Dio riconoscerà i suoi”, uscito l'anno scorso per Woodworm. E' un viaggio che ci porta ai limiti dell'epifania dell'eschaton. La voce che irrompe delinea una situazione di tragico sovrappopolamento, non troppo distante dalla realtà attuale, dove “l’uomo si scannerà a vicenda per un pezzo di pane e per una mela”: la traccia si chiama “L'uomo nuovo”. Il trio parte poi all'attacco con gli altri pezzi del disco. “Nel nome del padre” (la voce è campionata dall'omonimo film di Bellocchio) è una cavalcata thrash metal potentissima. Continuano ad andare i samples tratti dal film prescelto, così come richiede l'integrazione di musica e cinema praticata dai Fuzz Orchestra. Le tematiche di critica alla società, care al gruppo, si fondono questa volta con la questione della fine dei tempi. Uno tra tutti, il brano “Todo modo” (film di Elio Petri) che è riassunto nel verso: “guardate le vostre mani, il potere che esse stringono le sta bruciando, il peccato non esiste se non c'è il potere ad esercitarlo”.
Con “Born Into This” il ritmo rallenta ma non cala l'intensità. Viene qui lasciato spazio ai suoni composti da Enrico Gabrielli e ben interpretati dagli Esecutori di metallo su carta. Spezzano positivamente il ritmo con le loro incursioni di trombone, timpano, violino, fagotto...si continua poi con il noise-stoner di “Una voce verrà”. Brevi intermezzi di musica leggera di altri tempi e in stile western completano quel composto di vecchio e nuovo, campionato e live che contraddistingue la violenta musica del trio.
Serissimi nel loro ruolo di dispensatori di rumore, complici la giacca e la cravatta scelti come “divisa”, anche loro erano come noi in una sorta di trance musicale, tanto che il chitarrista non è riuscito a trattenere un grido alla fine de “Il terrore è figlio del buio”, altra fantastica cavalcata metal, mentre noi saltiamo come pazzi. Il trio chiude il concerto con qualche pezzo tratto dal disco penultimo disco, prima “La proprietà” e poi l'omonima “Morire per la patria”. E così, dopo , dopo aver gridato “Morire per la patria, è bello!” sentiamo che la catarsi è avvenuta
Articolo del
14/02/2017 -
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