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Giardini di Mirò
Giardini di Mirò live @ Monk Club – Roma, 15 ottobre 2016
Roma
15/10/2016
di
Valerio Di Marco
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Quella dei duemila che comprarono "The Velvet Underground & Nico" e poi formarono una band forse già la sapete. Ebbene, probabilmente più o meno lo stesso numero di persone (cifra puramente indicativa) acquistò una copia di "Rise And Fall Of Academic Drifting" quando uscì, all'inizio del 2001. E magari pur non formando una band, ebbero modo di scoprire che il post-rock aveva sfondato anche in Italia e che qui da noi avevamo la risposta a Mogwai, Godspeed You! Black Emperor e Explosions In The Sky. E che risposta! Sì perché di che pasta erano fatti, i Giardini di Mirò, avrebbero continuato a dimostrarlo anche dopo quel pur sorprendente lavoro d'esordio.
Quindici anni dopo, la band di Corrado Nuccini e Jukka Reverberi torna ad eseguire dal vivo interamente il suo piccolo/immenso gioiello frutto della branca italiana di quella che possiamo considerare forse l'ultima (o penultima) grande rivoluzione del rock. " Rise And Fall Of Academic Drifting " è a suo modo un album che, per rilevanza all'interno di un preciso momento storico, può essere definito epocale, manifesto di un genere che per definizione ha sempre rifuggito i lustrini delle classifiche ma non ha mai disdegnato le masse. E loro, i GDM, la puzza sotto il naso di certo non ce l'hanno, forse perché di masse e collettività se ne intendono, provenendo dalla "rossa" provincia di Reggio Emilia.
E infatti la serata del Monk, tappa romana di un minitour celebrativo che li sta portando in giro per lo Stivale, ha confermato che i sei restano una band atipica nel panorama nostrano, meravigliosi interpreti di un genere "difficile" ma forti di un sostegno trasversale e parecchio nutrito, a giudicare anche dalla sala strapiena di ieri sera. Una sala andata più volte in visibilio di fronte alle maestose esecuzioni degli otto brani di cui solo due cantati e il resto strumentali, come estetica post-rock esige, o perlomeno suggerisce caldamente. Che poi strumentali, sì, ma dal muro di suono impressionante. Il tutto incanalato in un flusso incessante dove precisione e ortodossia vanno a braccetto con la sovversione più pura.
Perché muoversi sul filo tra rigore e libertà dagli schermi è sempre stato il marchio di un genere che in vent'anni ha più volte cambiato forma e dettami, allungandosi o contorcendosi, abbandonando gli stilemi tradizionali a vantaggio della forma-canzone o ripiegando mestamente verso le sue stesse origini. E se ogni rivoluzione ha bisogno di un'avanguardia, state tranquilli che la guida dei GDM è ancora più illuminata che mai.
Articolo del
17/10/2016 -
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