Nonostante il bibliopatologo Guido Vitiello consigli le recensioni come rimedio contro l'insonnia grazie alla loro virtus dormitiva, qui si continua a scrivere di musica e di concerti (sperando di non causare in chi legge un'irreversibile narcolessia). D'altronde, come si potrebbe anche soltanto accostare la parola "sonnolenza" ad un festival di musica? Soprattutto quando ci si ritrova al Vasto Siren Festival, ad osservare tutto ciò che di straordinario può accadere.
Per la terza volta di seguito, appena arrivata a Vasto mi ritrovo a respirare già un'atmosfera di festa. Scendo dal treno assieme a due ragazze poco più che adolescenti con indosso la maglietta degli Editors. Mi catapulto al Cortile d'Avalos, dove ad aprire il festival saranno Adam Green con il suo ultimo film - 'Aladdin' - cui seguirà un solo show di Lee Ranaldo. Quando arrivo alla location il film è già iniziato e dallo schermo risuona subito questa frase: "Il mondo dovrebbe essere bello". Capisco subito di trovarmi di fronte ad un unicum del panorama della cinematografia, nonostante a primo impatto 'Aladdin' possa risultare complicato da digerire: provocazioni a sfondo sessuale, dialoghi nonsense, immaginazione simbolica e riferimenti espliciti alla droga. Tematiche piuttosto pesanti, ma alleggerite dallo stile cartoon della pellicola e dalle scenografie, disegnate a mano dallo stesso musicista. Per citare lo stesso film, vedere Aladdin è come "spararsi dei sogni in vena", un viaggio e una critica della società contemporanea attraverso gli occhi di Adam Green, come poi ha spiegato lo stesso autore durante l'intervista con Giulia Blasi (che merita un plauso particolare).
Dopo Green è la volta di Lee Ranaldo, co-fondatore dei Sonic Youth con una prolifica produzione solista. Inutile dirlo: l'atmosfera che riesce a creare è unica, con i suoi arpeggi di chitarra e i brani tra l'acustico e il canto melodico.
22 luglio: la giornata è iniziata pigra e soleggiata. C'è chi si dirige verso la spiaggia e chi, passeggiando per le strade di Vasto, si guarda intorno stupito e magari si chiede perché non sia mai venuto a conoscenza di questo paese così piccolo e, allo stesso tempo, così meraviglioso. Sono circa le 19.30 quando ai Giardini D'Avalos inizia un incontro sul fumetto con ANUBI Angelini&Taddei e Gli Scarabocchi di Maicol &Mirco, introdotti da Ratigher. Mentre gli autori raccontano come siano riusciti a realizzare "lo sfasciume che si sviluppa al bar, un fumetto che andasse a toccare i temi del bere" mi sento autorizzata a gustarmi un ottimo bicchiere di vino, che amplificherà le sensazioni dettate dal successivo show di Tess Parks, cantautrice di origini canadesi dalla voce poetica, a tratti maledetta, pupilla di Anton Newcombe dei Brian Jonestown Massacre e già solo per questo molto amata. Nel frattempo, da Piazza del Popolo risuonano le note shoegaze del duo inglese A.R. Kane, considerati i pionieri assoluti del dream pop, mentre dal Tuborg Stage di Porta S. Pietro, verso le 20.15, Giacomo Mazzucato - in arte Yakamoto Kotzuga - dà vita a beat nati da campionamenti di chitarra e inserti elettronici 2-step indubbiamente coinvolgenti e sorprende come un ragazzo così giovane abbia già fatto tutta questa strada.
Ci spostiamo tutti in massa al Cortile di Palazzo d'Avalos, dove troviamo Nosaj Thing, il producer nipponico che vive a Los Angeles in perenne ricerca del suono, mentre a Piazza del Popolo l'atmosfera comincia a riscaldarsi per il live di Edoardo D'Erme, in arte Calcutta, senza dubbio tra i più attesi di questo festival. Durante il suo live, Pezzi come Gaetano, Cosa mi manchi a fare, I dinosauri non esistono più, Frosinone sono cantati a squarciagola e fanno intuire il perché dell'attenzione quasi morbosa su questo giovane cantautore, sciatto e un po' dimesso: Calcutta canta di temi comuni, di amore andati male e di storie di tutti i giorni, maldestramente, come uno qualsiasi. Ciondola sul palco, ha il volto quasi nascosto. Resta praticamente impassibile di fronte all'entusiasmo del pubblico e biascica qualche frase ogni tanto, mentre i musicisti alle sue spalle - che non sbagliano un colpo - suonano senza fermarsi.
Mentre rifletto su quanto un simile successo rischi di trasformarsi in un boomerang con annessi tutti i meccanismi perversi della fama, mi dirigo verso Adam Green, che spezza immediatamente ogni peregrinazione mentale. Vestito da Aladdin, salta, ride, balla come un pazzo sul palco del Cortile di Palazzo D'Avalos, con dietro la cornice grafica del film omonimo, interrotto solo verso metà show dalla backup band che ci tiene a presentare al pubblico, i lodevoli Coming Soon. Ormai sono le 23.30 e a Piazza del Popolo sono tutti pronti: è arrivato il momento tanto atteso del festival, l'esibizione degli Editors, e inutile dirlo, l'emozione è palpabile. Piazza del Popolo è gremita, il pubblico acclama a gran voce la band ma soprattutto Tom Smith, che risulta da subito estremamente coinvolto dall'atmosfera e dal luogo. L'adrenalina scorre in dosi massicce nelle vene mentre la band inglese intona una manciata di perle tratte dall'ultimo album e dai precedenti lavori, di cui No Harm, Sugar, Racing Rats sono sicuramente tra le migliori. Gli Editors sono affiatati, empatici con i presenti e Tom Smith si destreggia tra piano e chitarra, senza fermarsi un momento. È un direttore d'orchestra, il frontman, che dirige i beat e i suoni e si scatena con All The Kings e con la cavalcata conclusiva di Marching Orders. Inutile dirlo: l'idea che con gli Editors si sarebbe raggiunta la vetta di questa edizione è ora diventata una splendida certezza.
23 luglio: Con la consapevolezza che anche oggi mi attendono ore e ore di grandi live, mi dirigo a sentire il dibattito sulla storia della musica, sempre nella splendida cornice dei Giardini D'Avalos. Verso le 20.00 Joan Thiele sale sul palco: una location particolarmente adatta alle voci femminili. Percussioni con elementi di recupero: macchinetta del caffè e pentola rovesciata. L'incrocio di etnie di Joan è visibile e meraviglioso. Elementi funk, indie e pop si fondono assieme, e la cantante, bella da mozzare il fiato, incanta tutti i presenti. Alle 20.30 una folla numerosa è già in attesa per Thurston Moore al Cortile di Palazzo D'Avalos. L'ex Sonic Youth passa da melodie orecchiabili a intervalli strumentali dissonanti, riff heavy al limite del noise, mentre dedica canzoni "per coloro che desiderano amore e nessun limite nelle loro vite. Vorremo dedicare questa canzone alla coppia che si è sposata oggi pomeriggio. E alla polizia che è venuta perché quelli della chiesa si sono incazzati mentre facevamo il soundcheck". Esiste forse un aneddoto più punk di questo?
Nel frattempo i Notwist hanno attaccato col live nel Main Stage. La band tedesca, nota alla stampa dal 2002, dilata i brani a dismisura, adattandoli in chiave elettronica. Riconosco suoni tipici dei Kraftwerk, retaggio teutonico, il passato hard rock e le sperimentazioni più recenti, tratte dagli ultimi lavori. 'Neon Golden', capolavoro del 2002, viene eseguito per intero, di fronte a una folla che mostra una sorprendente conoscenza dei brani. Altro attesissimo live è quello di Francesco Motta al Tuborg Stage. Ha un volto unico Motta, scavato e di chi ha vissuto già mille vite. Quando canta trasuda rabbia, grinta, voglia di riscatto, mentre lancia sguardi complici ai musicisti che lo accompagnano, estremamente precisi e affiatati. "Questa canzone è stata scritta con Riccardo Sinigallia, ed è dedicata a tutte le donne transgender d’Italia" grida a gran voce prima di attaccare Sei bella davvero, un pezzo che non ti aspetteresti, che ricopre il compito di chiudere il cerchio delle emozioni.
Sono ormai le 23.47 e in Piazza del Popolo trovo già I Cani, altro caso musicale esploso assieme a Calcutta (con il quale, infatti, dividono spesso il palco). Ritmi danzerecci (Protobodhisattva, Non finirà) che hanno echi del primo Battiato, intermezzi che hanno del malinconico (Questo nostro grande amore): è questo il marchio di fabbrica della band di Contessa. Ma non solo. I testi diretti, specchio della società attuale (Le coppie in particolare) fanno anche riflettere e raccontano una realtà filo-adolescenziale in cui chiunque può riconoscersi, che parla di social network, WhatsApp e canali di comunicazione, un mondo di cui normalmente non si parla nelle canzoni.
È ormai l'1 passata quando mi dirigo verso casa e mi ritrovo a fare un primo bilancio di questo festival: il pensiero torna indietro protagonisti delle passate edizioni, tra cui i The National, i Mogwai, John Grant, James Blake, Sun Kil Moon ecc. Le emozioni sono le stesse, anche se di natura diversa: battito accelerato, adrenalina a fiumi, occhi lucidi. Questa terza edizione non ha fatto che suggellare lo stato di grazia già innestato dalle precedenti.
EDITORS setlist:
No Harm Sugar Smokers Outside the Hospital Doors Life Is a Fear The Racing Rats Forgiveness Eat Raw Meat = Blood Drool Bones Formaldehyde Munich All the Kings Open Your Arms The Pulse Ocean of Night A Ton of Love Dancing in the Dark (Bruce Springsteen cover) Papillon Marching Orders
CALCUTTA setlist:
Limonata Frosinone Cane Fari I dinosauri Milano Gaetano Le barche Dal Verme Cosa mi manchi a fare Del verde Encore: Oroscopo Cosa mi manchi a fare (con I cani)
Articolo del
25/07/2016 -
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