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Heavy Psych Sounds Fest
L’Heavy Psych Sounds Fest Vol. II live @ Traffic – Roma, 11 e 12 dicembre 2015. (prima serata)
Roma
11/12/2015
di
Giuseppe Celano
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L’Heavy Psych Sounds Fest arriva alla seconda edizione con nove band spalmate nel week end. Si parte venerdì con quattro band ma verso le 21.00 il Traffic è ancora semivuoto. Siamo in pochi all’apertura affidata agli Psychedelic Witchcraft che spazzano il pavimento della venue con un volume importante e la giusta dose di distorsione. Sono in quattro, con voce femminile, sanno come ottenere un amalgama efficace. Si sente davvero bene, compresa la voce della singer posta al centro mentre dondola di fronte ai pattern ritmici del batterista. Sono potenti, secchi e decisi, li promuoviamo a pieni voti. C’è il tempo per comprare qualche vinile, scontato di 5 euro, mentre avviene il cambio palco e ci ritroviamo i Killer Boogie sul palco. Gabriele e soci suonano due pezzi nuovi dal titolo non pervenuto e qualche vecchia (si fa per dire) gloria, da Brother in Time a The Golden Age passando per Am I Demon? e You’ll Be Mine. Anche stavolta il fonico fa il suo dovere permettendoci di ascoltare in modo intellegibile tutti gli strumenti. Intanto il locale si è riempito. Verso le 23.15 il combo L’Ira del Baccano si piazza ai posti di combattimento. Il loro sound è corposo e aggressivo, suonano molto bene equilibrando passaggi ruggenti e sezioni più dilatate. Sono un’ennesima conferma, li avevamo visti altre volte e anche stasera passano il turno con una serie di bordate che mettono a dura prova il già compromesso sistema auditivo. Il pubblico, ora più ampio, risponde alla grande. Headbanging generale, sorrisi a 32 denti e corna alzate al cielo per questa poderosa band. Passata da poco la mezzanotte Vita, Urlo e Poia salgono sul palco per una lunga preparazione degli strumenti. Pedaliere zeppe di diavolerie elettroniche per amplificare la potenza della chitarra e del basso, set di batteria classico in penombra e ghiaccio secco. I tre sferrano il primo dei lunghi attacchi suddivisi in un’ora abbondante di compressione asfaltatrice. Gli Ufomammut sono cresciuti molto, sin dal lontano 2007 quando erano in giro con Morkobot e Lento hanno prodotto ottima musica attirando l’attenzione di Steve Von Till che li ha voluti mettere sotto contratto. Fisicamente non sono cambiati molto, solo qualche capello grigio in più, sorridono prima dell’esibizione mentre scambiamo quattro chiacchiere sui futuri progetti. Sul palco sono macchine spietate, indaffarate a vomitare distorsioni che farebbero slittare la faglia di San Andrea. Tellurici e violenti, sfruttano l’ottima sezione ritmica su cui applicare una cattiveria processata dalle testate e poi eruttata dagli amplificatori Hiwatt. Ogni accordo porta via un lembo di pelle dei presenti schiacciati nelle prime file. Sono l’una e mezza passata, la capacità auditiva è pericolosamente al di sotto della soglia sindacale. Scatta l’ultima birra, per ubriacare quelle già presenti nello stomaco, mentre si va a casa assieme al bottino vinilico della serata.
(foto © di Valeria Leuci)
Articolo del
14/12/2015 -
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