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Swervedriver
Swervedriver+Divenere+The Hand live @ Traffic – Roma, 13 novembre 2015
Roma
13/11/2015
di
Giuseppe Celano
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Venerdì 13, nero come l’ignoto spazio profondo. L’atteso ritorno degli Swervedriver, seminale band inglese che non ha mai incontrato il meritato riconoscimento discografico né il favore del grande pubblico, arriva a Roma con il tour del loro nuovo lavoro intitolato ”I Wasn’t Born To Lose You” . Riusciamo a sentire gli ultimi minuti dell’esibizione dei The Hand con effetti elettronici e drum machine, ma è solo un attimo. Pochi minuti prima dell’arrivo dei Divenere scoppia il finimondo in Francia e la serata prende un altro verso. Intanto i ragazzi attaccano la corrente sputando un sound dilatato e rotondo, in stile Ride per alcuni aspetti, arricchito di altre dilatazioni cosmiche che si allungano su un totale di 40 minuti. Intanto l’attesa per gli inglesi sale al pari dell’ansia per il numero di morti in aumento con il passare dei minuti. La situazione diventa surreale. Dopo quasi un’ora di musica sputata dai monitor, con la voce di Nico che intona All Tomorrow’s Parties, eccoli salire sul palco. Sono alticci, inutile negarlo, e della band originale sono rimasti Adam Franklin, voce e chitarra, e Jimmy Hartridge, chitarra. Il nuovo batterista, Mike Jones, è una specie di armadio a quattro ante che frulla pattern e rullate veloci mantenendo stabile l’intera impalcatura. Le due chitarre in avanti hanno qualche piccolo problema (di equilibrio), Jimmy non riesce a infilare il jack della sua chitarra. Armeggia s’innervosisce cambia addirittura ascia. Non è lucido, proprio come il suono del basso del tutto assente inghiottito da un’acustica che definire inefficiente è puro eufemismo. La loro musica ha sempre giocato sugli intrecci fra le sei corde, quel muro di suono che dovrebbe emerge dall’efficace songwriting ha motivo di esistere solo se gli intrecci sono intellegibili. Purtroppo per oltre due terzi della serata la musica è un impasto farraginoso e, se l’inizio è entusiasmante e la seconda take un’esplosione di potenza e colori, il concerto perde man mano mordente per la confusione sonora diffusa dalle case. Raggiungendo il mixer si riesce a captare una manciata di suoni più nitidi. Su tutto spiccano altre due take micidiali ma sul finale l’insofferenza mista alla rabbia ci costringe a lasciare i pochi presenti a quell’inferno prodotto, in tutta onestà, anche dalla mancata lucidità di una band non al top e indebolita dall’alzata di gomito che non hanno retto (It’s a Long Way To Lemmy). Sembra incredibile che la condizione delle venue romane rimanga così drammaticamente immutata nel tempo. Sperare di poter ascoltare un concerto in modo decente rimane una realtà che muore prematuramente ogni volta. Stasera però non riusciamo a soffrirne più del solito, il delirio in atto in Francia, in una serata di musica parallela al Bataclan dove gli americani Eagles Of Death Metal si stavano esibendo, spazza via tutto. Serata da dimenticare ma che rimarrà saldamente ancorata alla memoria di tutti.
Articolo del
14/11/2015 -
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