Per motivi logistici e tempistiche sfasate, i tentativi di vedere il redivivo Flavio Giurato erano andati a vuoto. Stasera però il nostro suonerà a ‘Na Cosetta, piccola ma accogliente venue romana. Prenoto con largo anticipo la cena ristoratrice che mi permetterà di osservarlo da molto vicino.
Sono le 22.45 quando il giovane (Matteo) Fiorino apre la serata con cinque pezzi del suo album 'Il masochismo provoca dipendenza'. È da solo, imbraccia una chitarra acustica e per mezz’ora racconta esperienze personali allungando l’attesa ma allentando la tensione con aneddoti simpatici prima di lasciare il palco a Giurato.
Alle 23.15 ecco Flavio, lentamente guadagna il centro del palchetto, toglie gli occhiali da vista e la maglietta. È magrissimo, mentre si ricompone rivestendosi ai due lati opposti appaiono il bassista e il percussionista, amici ventenni, così li definisce, che l’aiutano in questo viaggio. 'La scomparsa di Majorana' è il suo nuovo album che viene eseguito per la gioia di un centinaio di presenti, tutti accalcati negli spazi angusti, fra i tavolini, e spalmati nelle posizioni più impensabili pur di vederlo raccontare quelle storie. La band suona per meno di un’ora e mezza ma l’intensità è tale che la prima ora sembra un lampo, una luce così forte da lasciare il pubblico in silenzio. In realtà alcuni accennano parti dei testi, ma come coristi riservati, in tono sommesso per non disturbare. Lui s’impegna, urla forte, suda e chiede un goccio d’acqua mentre va in affanno per il caldo. È visibilmente emozionato e l’afa non lo aiuta, dopo tre brani recita qualcosa velocemente per non perdere il filo, in un punto s’inceppa ma riprende alla grande grazie all’imbeccata partita da fondo sala.
Flavio è vivo e combatte per noi, è una persona vera e credibile, come del resto lo è la sua musica non facile da irretire e incasellare nei soliti cliché scomparti-mentali.
Fra le varie take baciate dalla fortuna scorrono Centocelle, dalla durezza diamantina, una spettacolare La Grande Distribuzione, a cui si aggiunge la temibile Il Manuale del Cantautore, e Valterchiari tutte sofferte e sputate a denti stretti. Stupisce la capacità repentina di mutare atmosfera, sorprendono le accelerazioni ritmiche e quelle virate umorali dettate dalle poche note acustiche e da quella voce sussurrata.
A concerto quasi concluso dalla destra della sala arriva la richiesta per Il tuffatore, Flavio ride: “Ti pare che faccio un concerto e non faccio 'il tuffatore'?”. Il concerto riprende per pochi minuti, chiamateli encore se preferite, la richiesta successiva è Simone ma è qualcosa d'improponibile, Giurato ride dicendo che non sa come uscire da questo “inguacchio”. Pensava di aver concluso con Il tuffatore (ride) ma i presenti sono quello zoccolo duro che non molla. Anzi lo incitano e lui per tutta risposta accenna Marcia Nuziale per poi interrompere bruscamente la magia.
Quasi non ce ne rendiamo neanche conto ma è già in piedi, parla con i suoi colleghi e qualcuno di famiglia, pulisce la chitarra e si lascia fotografare. Siamo già fuori dal locale nel tentativo di riprenderci dal caldo e dalla pressione emozionale a cui ci ha sottoposto, storditi da tanta poesia. Poco prima di andare via lo rivediamo ringraziandolo ancora per ogni passaggio regalato.
Articolo del
12/05/2015 -
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