Solo qualche settimana fa avevamo parlato del suo nuovo disco 'Protestantesima', uscito il 3 febbraio per La Tempesta Dischi. Umberto Maria Giardini arriva a Roma sul palco del Blackout, dopo una breve presentazione del disco fatta il giorno prima alla Feltrinelli.
Non si fa attendere molto, con un accettabilissimo quarto d’ora accademico sull’orario previsto, Umberto Maria Giardini sale sul palco semibuio accompagnato da Michele Zanni e apre il concerto con Suprema, voce e piano, che spiazza (in senso positivo) il nutrito pubblico che ha già riempito buona parte della sala. Un avvio che ha un po’ il sapore di nostalgia, si comprende infatti subito e senza ombra di dubbio, che i presenti conoscono molto bene il repertorio Moltheni e sono quindi fan storici. Ma subito dopo si ingrana una marcia diversa, un grande applauso e in pochi istanti prendono posto sul palco anche Giulio Martinelli alla batteria e Marco Marzo Maracas alle chitarre, e parte Urania. Il repertorio stasera prevede come ovvio brani dell’album appena uscito, ma anche dai due lavori precedenti, un EP e un disco, della seconda vita (artistica) di Giardini. Ma non si può prescindere da qualche puntata sul repertorio Moltheni, cosa alquanto auspicata e gradita dal pubblico.
Può sembrare banale ma il disco ascoltato live ha tutto un altro gusto. I brani assumono una dimensione più rock, senza però offuscare la vena cantautoriale indiscutibile. A mio avviso, Umberto Maria Giardini con questo disco e conseguentemente con i live, conferma di essere uno fra i pochi esemplari rimasti di una stirpe chiamata “cantautori”. Ci siamo (io un po’ meno, ma tant’è...) fatti infinocchiare per anni con l’onda dell’indie-rock, l’“alternativo”, e tutti gli emuli più o meno spudorati di un repertorio passato a tratti odiato, a tratti rinnegato, eternamente criticato e giudicato “superato”, ma dove alla fine tutti vanno sempre a pescare. Qui si parla di scelte senza compromessi, coerenza che alla fine si paga in termini di ascolti e seguito. Umberto Maria Giardini può sicuramente vantarsi delle sue scelte a volte impopolari e con le quali può essersi chiuso delle porte (del mainstream?). I suoi testi, un giusto mix fra poesia e realtà, possono non essere immediati ma trasmettono dei piccoli messaggi. La sua musica, è una slavina di ritmo e passione, batteria e chitarra sempre parallele, con delle giuste inserzioni di melodica (quando il piano, delicato; quando la chitarra, accarezzata e non strapazzata).
Concerto “pieno”, Giardini non parla molto ma lo sguardo è gentile e si vede che è emozionato per l’accoglienza calorosa, ringrazia dopo quasi ogni canzone. Il clima nella band è molto amichevole, tra loro ammiccano e si scambiano battute e risatine, il gruppo è affiatato, si vede, e trasmette una certa sicurezza e padronanza del palco e della musica eseguita. Musicisti seri che si divertono senza esagerazioni. La sensazione è quella di aver visto e sentito un bellissimo concerto; la curiosità che mi aveva guidato inizialmente all’ascolto del disco e poi al live, è stata premiata da momenti altissimi come in Anticristo, Nirvana e nel finale con Pregando gli alberi in un ottobre da dimenticare. A conferma che per alzare la media (della qualità musicale) si deve sempre andare a cercare fra le righe. Come tra gli scaffali del supermercato: mai farsi accalappiare dal prodotto sistemato ad altezza occhi, che di solito è quello di grido e magari anche in offerta speciale; meglio spostare lo sguardo un po’ sopra o un po’ sotto dove spesso si nasconde un prodotto migliore.
SETLIST:
Intro: Suprema Omega Tutto è anticristo Amare male C’è chi ottiene e chi pretende Zenith Protestantesima Anni luce Molteplici e riflessi Pandora Sibilla / 6 Aprile Nirvana Il trionfo Educazione
Encore: Saga Pregando gli alberi in un ottobre da dimenticare
(La foto di Umberto M. Giardini al Blackout di Roma è di MG Umbro)
Articolo del
21/04/2015 -
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