Serata più fresca a Roma stasera, ma solo dal punto di vista climatico perché gli headliner sono gli Eyehategod, band dall’ultra violenza sonica, come piacerebbe al drugo Alex, con due chitarre in avanti, basso monolitico e frontman magnetico.
Stasera s'inizia presto, si fa per dire, i The Wisdoom sono sul palco verso le 22.20 sprigionando energia oscura prodotta da chitarre muscolari. Francesco Pucci (Chitarra e Voce) Daniele Neri (Basso), Luigi Costanzo (Batteria) e Dario Iocca (Chitarre e Voce) aprono questa serata con il botto. Onestamente avremmo voluto sentire anche qualche manciata di minuti in più del loro doom ma tant’è. 40 minuti intensi e degni del loro nome.
I S.N.S.I. guadagnano il palco dopo 20 minuti, hanno un passo diverso sfruttando una corrente psych à la Cave In e intense aperture melodiche degne dei God Machine, roba di gran classe insomma. Spingono senza nessuna fretta d’arrivare alla meta, forti della lezione impartita dai Neurosis. Il loro andamento è lento e pesante come materia stellare ma sanno bene come muoversi sul palco e quando spingere giù pesante. Fuoriesce un bel sentire dagli strumenti di Giorgio Gregorio Luciani (Voce), Matteo Fadighenti (Chitarre), Cristiano Fini (Chitarre), Diego Gualino (Basso) e Matteo Luciani (Batteria). Promossi con pieni voti.
Intorno alla mezzanotte, sempre tardi ma un’ora prima rispetto all’ultima esibizione dei Godflesh saliti sul palco all’1.00, arrivano gli infoiati Eyehategod. Un addetto ai lavori mi confessa che anche a Milano, la sera prima, la band non aveva avuto voglia di fare il soundcheck al suo arrivo. La storia ovviamente si ripete anche a Roma. Così, per i primi venti minuti i cinque pazzi perdono tempo a chiedere a turno che il fonico alzi gli altri strumenti nelle varie spie poste ai loro piedi. Il risultato, ovviamente, è catastrofico. Per un’ora improperi più o meno pesanti, “it sucks man” e rivolgendosi al pubblico: “ok, we better should play at your home, but we don’t give a fuck, we don’t play like a normal band, we are not normal people even”, volano negli intervalli fra un brano e l’altro.
Onestamente non sappiamo come facciano ad arrivare a fine brano in quelle condizioni, considerando però il suono che viene fuori dall’impianto possiamo solo ringraziare il destino e Burzum di essere presenti e che i problemi siano solo loro, noi giù ce la stiamo godendo alla grande. Gli Eyehategod spaccano, hanno un sound massiccio e ferino, le due chitarre vomitano un rifferama torrido dentro cui s’infila la sezione ritmica facendo da sostegno alla voce tirata allo spasmo. Sfruttano veloci aperture hard core e rallentamenti sabbathiani di fine grana. Pochi e brevi assoli lasciano spazio alla sinergia del combo. Le cose iniziano migliorare dopo un’ora durante cui, per bypassare i problemi dell’imbarazzante acustica sul palco, Mike Williams e la montagna umana Jimmy Bower scendono dal palco piazzandosi vicino ai presenti in preda a un pogo massiccio e guitar air feroce. L’esaltazione è assoluta e totalmente giustificata, l’headbanging generale, anche quelli seduti sui divanetti non possono fare a meno di far ondeggiare la testa avanti e indietro.
Quest’esibizione è una bomba assoluta, la band si rilassa dando il meglio mentre infine anche Mike, dapprima esausto per le continue richieste e infine abbastanza appagato da un sound ormai accettabile, se la ride sornione. Hats off to Eyehategod.
Articolo del
20/04/2015 -
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