Una serata in crescendo che ha permesso a Omara Moctar, più conosciuto come Bombino, musicista di origine Tuareg originario del Niger, di conquistare il numeroso pubblico che era venuto solo per lui. Omara ha presentato dal vivo brani tratti da 'Nomad', il suo ultimo lavoro ,discografico e ha comunicato ai presenti tutto il Groove contagioso della sua musica, un mix davvero particolare di radici africane e rock psichedelico.
L’esecuzione live di composizioni come Amidine, Imuhar, Imidiwan, Tamiditine e Zigzan ci permette di apprezzare l’arte di un musicista completo e dotato di un songwriting originale che dona nuova luce alle sonorità tradizionali del popolo berbero, ai canti dei pastori nomadi dell’Africa settentrionale ma guarda anche sapientemente alla musica occidentale, con chiari riferimenti sia al fingerpicking di Mark Knopfler dei Dire Straits, ma anche e soprattutto alla genialità folle che fu di Jimi Hendrix. Il suo insegnante di musica lo chiamava “bambino” per l’espressione gioiosa e fanciullesca del suo volto, da una pronuncia errata di quel soprannome nasce Bombino, artista in ascesa del afro-rock. Se da una parte i Tinariwen , suoi fratelli maggiori, originari del Mali, benedetti da Robert Plant dei Led Zeppelin, accentuano molto il lato blues del loro desert rock, Bombino rivitalizza con furore la musica propria dei primi anni Settanta e - aiutato da Dan Auerback dei Black Keys - riesce a creare un ponte che unisce il Sahara e gli Stati Uniti d’America, suoni africani e Rock and Roll.
La miscela è di quelle corroboranti e si avverte la bontà della formula sulla felicità disegnata sui volti degli spettatori, pronti a lasciarsi andare in danze improvvisate e frenetiche, che assecondano i passaggi armonici volutamente ossessivi, elettrici , dinamici e ripetitivi di un Bombino in grande forma. Non c’è separazione, non si sa che cosa diavolo vogliano dire integralismo e intransigenza qui questa sera, il tour manager di Bombino si presta a deliziosi e garbati passi di danza con una signora biondissima ed elegante appena entrata in sala. Non c’è niente da fare: la musica del deserto, avvolgente e contagiosa, fatta di scale armoniche minori, si appoggia all’energia voluttuosa del rock e Bombino si appropria piano di tutti i presenti. La sua tour band è affiatata ed impeccabile, in particolare grazie ad una sezione ritmica instancabile, che fa crescere di molto la temperatura del locale! Siamo ben oltre la musica etnica, siamo testimoni di una sorta di rito collettivo che vede nel cosiddetto “Jimi Hendrix del Deserto” un perfetto Master of Ceremony!
Non ci sono in Bombino le rivendicazioni politiche e la carica ribelle che invece troviamo nei testi dei Tinariwen, ma l’artista ha più volte dichiarato che la situazione in Niger è diversa, i tuareg non sono discriminati. Musica araba, ritmi rock e una buona dose di improvvisazione contraddistinguono un concerto esemplare, che ci ha offerto una musica senza confini capace di liberare la mente dai cattivi pensieri, che ti permette di andare “oltre” senza neanche dover esagerare con l’alcool, che per una sera realizza un mondo diverso, ma pur sempre possibile.
Articolo del
31/03/2015 -
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