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Oneida
Oneida live @ Init – Roma, 20 marzo 2015
Roma
20/03/2015
di
Giuseppe Celano
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Parlare degli eclettici Oneida e del loro live set è davvero un’impresa disperata. Formati nel 1997 e provenienti da Brooklyn, con alle spalle alcuni ep prima di passare alle cronache firmando per la Jajaguwar, gli Oneida sono una delle poche band impossibili da incasellare in un solo genere, in verità neanche due o tre basterebbero. Sono il quintetto della mutazione continua e dell’innovazione, sempre capaci di squarciare nuovi sentieri all’interno e fuori del combo stesso. In sala c’è la metà delle presenze rispetto ai Radio Moscow che hanno suonato la sera prima, ma comunque la risposta del pubblico romano è buona. I nostri si presentano in cinque: due chitarre in avanti, batteria al centro (nascosta dall’organo vintage) e infine pianoforte elettrico. Salgono sul palco un po’ dopo le 23.00 partendo con un pièce de résistance che sembra più la conclusione del concerto che l’inizio. Un monolite di quindici minuti la cui follia, scaturita dai vari elementi combinati, è contenuta dalla ripetitività matematica degli accordi. A fine corsa il pubblico è già in fiamme, loro d’altro canto si divertono molto più dei presenti urlando frasi senza senso lasciando dialogare civilmente i loro strumenti per poi farli inveire l’un l’altro, in una bolgia di suoni distorti e passaggi minimali. In mezzo ci infilano due, tre, cavalcate di rock elettronico, matrice kraut, di una potenza spaventosa. Sotto il palco ballano praticamente tutti mentre loro continuano inarrestabili a sfornare cambi ritmici e d’atmosfera attraverso inserti elettronici che penetrano il violento rifferama. Gli assoli arrivano di colpo, del tutto inaspettati e sospesi un attimo prima dell’orgasmo, come in un coitus interruptus. Nel frattempo è passata un’ora. il livello non accenna a scemare anzi sale prepotentemente. Nelle due ultime take finali gli americani spingono il pedale dell’acceleratore a fine corsa creando una sorta di pandemonio controllato. Tutti gli elementi del calderone sono ora riuniti in questi venti minuti prodotti da questa creatura dal sound pieno e impastato. Un grande live, la capacità di sorprendere, i muscoli tesi e i nervi scoperti costruiscono, insieme al resto, un rock and roll deragliante e sbroccato che solo gli americani sanno fare, abituandoci fin troppo bene.
Articolo del
24/03/2015 -
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