Si vociferava della sua presenza nel capoluogo calabrese già l'anno scorso, ma poi si rivelò solo una futile voce di corridoio, quest'anno invece un'incredula realtà quella del concerto di Patti Smith. Una realtà abbastanza insolita visto il calibro dell'artista, eppure ha fatto centro, portando un successo altrettanto inaspettato. Una serata prossima al Natale non può che dare uno scenario più coinvolgente ed elegante ad un incontro che si assapora sin da subito come qualcosa di èlite, di questo complice più di tutto una location quale quella del teatro Politeama di Catanzaro, che registra in un mese di messa in vendita dei biglietti, quasi il sold out. L'attesa è breve, il palco minimale riporta un piano e due chitarre, strumenti che abbracceranno i figli di Patti, Jessie, Tony e Jackson che con la rocchettara mamma compongono The (Patti) Smiths, la sua band made in family che viaggia al suo fianco nei concerti che l'hanno ospitata in questi stessi giorni in altre tappe italiane.
L'ingresso di Patti sul palcoscenico é silenzioso ed educato, in punta di piedi, sotto una luce soffusa intima con la quale da il benvenuto in Frederick: l'ambientazione '70s fa breccia nel cuore di tutti i quali manifestano, seppur presi da una certa intimidazione, affetto ed ammirazione per una concessione subito autobiografica dedicata al marito, Fred. Quasi da subito infatti il pubblico applaude stupito e soddisfatto, incentivando ed acclamando un'amica di tutti, Patti, che presa anche lei da una breve esitazione iniziale, si avvicina al pubblico canzone per canzone, creando con i figli e con esso un ambiente intimo, di casa e passione per la musica, di quella scritta per riflessione e sentimento, per poesia ed emozioni personali su stesure musicali che in un concerto prettamente unplugged quale quello che si rivela piano piano, rendono l'idea al massimo. Una specie di monologo in musica e in crescendo quello di Birdland letto da Patti, apre un percorso non solo di ricordi e successi, ma soprattutto di intellettualità e valori umani, gridati, rivendicati, pretesi, come sempre la cantante ha fatto nella sua carriera, contrassegnandola. Da quell'istante il percorso lo si fa assieme e seriamente proseguendo con Ghost Dance, dedicata a Dio e l'immancabile Dancing Barefoot. Beautiful Boy dedicata al nipotino appena nato, figlio di Jackson e di un breve ma simpatico battibecco sul palco tra mamma e figlio, ancora all'inizio della set list, spezza il ghiaccio e mostra subito dell'umanità dolce, simpatica e tremendamente alla mano.
Ma Patti non si smentisce e vuol fare del suo spettacolo uno scrigno con protagoniste le parole, le amatissime parole che, da scrittrice qual è, appunta su fogliettini di carta svolazzanti, sfilati via dalla sua inseparabile mise con protagonista giacca nera, come avviene per A Cradle Song, una toccante preghiera dedicata alla Vergine Maria, letta e nutrita da quella forte conciliazione di musica e religione che porta con se. Le sue più belle ma anche quelle di grandi artisti, compagni di avventure se non protagonisti come Patti di una scena musicale che hanno costruito insieme ed indimenticabile. La set list si impreziosisce così di This is The Girl, scritta e dedicata alla propria figlia, che nel giro dei suoi pochi minuti la "sacerdotessa del rock" fa propria e del pubblico. E ancora la bellissima It's Dream di Neil Young che abbraccia un velo di country portando la ciliegina sulla torta dell'eleganza e della sinuosità. Blue Christmas cantata prevalentemente dal figlio Tony e per ultima, Perfect Day di Lou Reed, già nel bis acclamato e generosamente concesso ma tremendamente rock con il quale i freni inibitori spariscono, la giacca vola a terra e si va giù di Banga, con un pubblico che invitato sotto il palco dalla stessa artista, si lascia andare sin da subito con Because The Night e rende il teatro una location rock dove urlare a squarciagola il proprio valore, la propria forza, come una sorta di inno alla libertà e alla voglia di vivere.
Ed ecco che ci rendiamo conto che l'incontro con Patti Smith é più di un concerto. Scrittrice, pittrice, poetessa, cantautrice, musicista .... voleva fare l'artista quando solo ventenne lasciò la sua famiglia per trasferirsi a New York, forte di una passione allora ancora non ben definita ... e ci é riuscita, a trecentosessanta gradi, sfuggendo alle intemperie che una vita a filo di stenti le ha posto. People Have The Power e il suo monito chiudono il sipario con il quale Patti vuole solo ricordarci con la sua grinta e la sua storia, la parola "fede", in un Dio che dobbiamo cercare, ovunque sia, ma più di ogni altra cosa quella in noi stessi... perché é li che troveremo la nostra essenza e il nostro valore; ci insegna a perseguire e conquistare, lottare, rivendicare e celebrare quella stessa forza che forse, come successe negli anni 70, ha solo bisogno di esplodere con qualche assolo di chitarra elettrica di un complice rock.
Articolo del
15/12/2014 -
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