Un’estate che sembra un novembre inoltrato - però senza addobbi natalizi nelle vetrine – certo non aiuta le rassegne estive, quei bei concerti di piazza dove dopo il tramonto il pubblico può finalmente respirare, dopo una giornata di afa, con birra alla mano e buona musica.
E a ragion del vero durante l’attesa per gli Afterhours, sotto un cielo pratese che promette acqua da un momento all’altro servirebbe quasi un vin brulè a scaldare la situazione. Il pubblico non è quello delle grandi occasioni per vari motivi oltre le dense nubi che fanno da cornice a Piazza del Duomo. Il gruppo di Manuel Agnelli & Co. sta portando in giro da qualche mese il suo tributo autocelebrativo Hai paura del buio, manovra, soprattutto per alcuni fans di vecchia data, un po’ troppo pretenziosa. Un altro motivo è che gli Afterhours sono uno di quei gruppi che da qualche parte, in qualche momento si è sentito, visto o incontrato.
Non è il mio caso e solo per sfortuna, non per scelta, quindi escludo tutto il contesto autunnale e la scarsità di pubblico per focalizzarmi su questo best of live del gruppo milanese. Perché questo è, il meglio della carriera della band che va da Hai paura del buio (1997) a Hai paura del buio (Reloaded) (2014). E da subito è bello l’equilibrio tra fiumi di suoni distorti, quasi disordinati – vedi ad esempio una rapida carrellata di pura energia come 1.9.9.7, Hai paura del buio, Dea, Sui giovani di oggi ci scatarro su e Lasciami leccare l’adrenalina, solo per pescare nel mucchio - e le ballate più intimiste, lente e malinconiche, che vanno da Voglio una pelle splendida, a Padania, passando per Quello che non c’è, Non è per sempre e incalzando un po’ il ritmo con Ballata per la mia piccola Iena. Insomma, quello che si viene tracciando è un percorso a zig zag e impervio attraverso la maturazione di una band che ha fatto la storia dell’indie italiano, che è cresciuta, maturata…. Per poi rifare un salto indietro - con una mossa che sembra essere di puro marketing – agli inizi, come a rincorrere una gioventù passata.
Ma lasciamo un attimo gli sproloqui da parte perché nonostante pioggia a scrosci l’energia tra il pubblico c’era ed era palpabile, e non mancava neppure del resto sul palco. L’impressione però nell’insieme non è di attesa trepidante, di “evento”, ma piuttosto di buon artigianato, studiato, ben fatto, ma facilmente replicabile, niente di magico, solo una bella serata passata in piazza con gli amici.
Articolo del
05/08/2014 -
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