Eravamo all’Ippodromo di Capannelle il 27 luglio del 2012, i soliti quattro amici che si riuniscono per il concerto dei Simple Minds. E siamo tornati di nuovo il 27 luglio di quest’anno, stavolta alla Cavea dell’Auditorium, come potevamo mancare?
L’accoglienza è quella giusta, ci staccano la matrice del biglietto mentre in sottofondo suona Heaven degli Psychedelic Furs. I nostri posti sono sparsi sulla tribuna ma l’importante è esserci e, con la consueta puntualità che contraddistingue l’Auditorium, poco dopo le 21 le “menti semplici” fanno il loro ingresso sul palco, uno alla volta e, Oh my God!, siamo tutti virtualmente in piedi ad accoglierli con un grande applauso. A differenza di due anni fa, dove il tour si concentrava sui primi 5 album, decisamente quelli più significativi per l’impronta che ha avuto la loro musica, qui si parla di "Greatest Hits Tour” il che ci preannuncia l’inclusione di brani delle produzioni successive ma non meno degne di nota.
La formazione è la stessa degli ultimi anni: sistemati su due palchetti ci sono a sinistra Andy Gillespie alle tastiere e a destra Mel Gaynor alla batteria. In mezzo a loro, con un palchetto tutto per sé, la new entry Sarah Brown, corista in tailleur scozzese strizzatissimo che sottolinea il fisico ben carenato. Davanti a loro Charlie Burchill alla chitarra e Ged Grimes al basso, e in mezzo spazio libero all’instancabile Jim Kerr che in un outfit completamente nero non si risparmia neanche questa volta, saltando da un lato all’altro del palco, ballando e inginocchiandosi e tirando gli addominali, e irrompendo sul palchetto di Gillespie in più di una occasione. Alla fine del concerto andremo tutti su Google a controllare l’effettivo anno di nascita del nostro Jimbo perché uno così energico (e atletico) alla soglia dei sessant’anni non è cosa facile da vedere. Ma si vede che lui si diverte, come dimostra anche masticando un po’ di italiano-siciliano (un paio di “minchia” qua e là, a ricordare l’attaccamento all’isola nostrana nella quale possiede anche una residenza). Di certo in Italia raccoglie sempre un grande successo (Roma non è l’unica data italiana del tour, tanto per la cronaca).
Il racconto musicale attraversa quasi tutti gli album, perlomeno quelli più importanti, e sintetizza quella decade di produzione che li ha contraddistinti come paladini della New Wave e di quel rock alternativo elettronico dei primi anni ’80 (Non a caso l’età media degli astanti era over 40). Spazio anche per degli innesti nuovi come Imagination, Blindfolded e Big Music, che darà il titolo al nuovo album in uscita in autunno. In due ore filate senza sosta e senza tregua (solo una breve pausa per il frontman mentre la band esegue un pezzo strumentale e la longilinea corista si cimenta nella cover di Dancing Barefoot che probabilmente non entusiasmerebbe la povera Patti), il tutto condito dall’invito fatto al pubblico a ballare perché “questo è un concerto rock, prima era un concerto per mia mamma”, tradotto in “fatevi avanti e venite a ballare sotto il palco”. L’invito viene accolto prima della pronuncia dell’ultima sillaba, e anche noi in tribuna ci buttiamo tutti alla ringhiera per goderci lo spettacolo. E da quel punto di osservazione possiamo constatare che la Cavea è effettivamente stracolma di gente. Da li in poi è storia. Anche perché nella parte finale sono concentrati quei pezzi d’artiglieria quali Someone Somewhere In Summertime, Don't You (Forget About Me), New Gold Dream e Alive And Kicking, che da soli fanno metà del prezzo del biglietto.
Bellissimo il saluto finale di Jimbo che, dopo la fine dell’ultimo pezzo, invece di lasciare il palco dietro la band, rimane li davanti a salutare e ballare al ritmo di Jean Genie, omaggio a Bowie (ispiratore del nome della band – “He’s so simple minded”).
Ammetto che abbiamo fatto fatica ad andarcene, non solo per l’ingorgo verso le scale, tale era l’entusiasmo per una ennesima performance all’altezza, se non al di sopra, di tutte le aspettative. I ragazzi sono in giro da oltre trent’anni e riescono ancora a regalare emozioni e spettacolo allo stato puro, senza effetti speciali, senza optional, come se fossero ancora nei locali underground del post-punk.
SETLIST:
Intro Waterfront Broken Glass Park Love Song Mandela Day Hunter and the Hunted Promised you a Miracle Glittering Prize Imagination I Travel Dolphins Theme for Great Cities Dancing Barefoot (cover Patti Smith) Let the Day Begin (cover The Call) Someone Somewhere in Summertime See the Lights Don’t you (forget about me)
ENCORE: Big Music New Gold Dream 81-82-83-84
Let it All Come Down Alive and Kicking Sanctify Outro: Jean Genie
(La foto dei Simple Minds a Roma è di MG Umbro)
Articolo del
03/08/2014 -
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