Sono sincera. Inizialmente ho pensato si trattasse di uno scherzo, di un gigantesco fake architettato da qualche burlone del posto. E invece no. Davvero un festival di respiro internazionale ha trovato spazio in un piccolo centro come Vasto, cittadina abruzzese con poco più di quarantamila abitanti, meta del turismo balneare di (pochi) giovani e (molte) famiglie, meglio conosciuta come la “perla dell’Adriatico”. Sulla locandina del Vasto Siren Festival – questo il nome scelto per la manifestazione – si stagliavano ormai da un paio di mesi nomi imponenti come The National, Mogwai e John Grant. Ma non solo. Gli artisti previsti sono molteplici: Dry The River, The Drones, Adriano Viterbini, Fuck Buttons, Tycho (per citarne alcuni). Una programmazione ambiziosa, insomma, soprattutto per gli headliner scelti. Ma vediamo com’è andata.
Giorno 1
Già verso le 19,00 cominciano a vedersi gruppetti di giovani incamminarsi in direzione di Piazza del Popolo, scelta per accogliere la band di Matt Berninger. Dietro la recinzione che delimita la piazza, ci attende il palco che da lì a poche ore verrà calcato dai nostri headliner. La location è particolarmente suggestiva: si affaccia infatti sul belvedere, punto panoramico della città e, sullo sfondo, i colori rosei del cielo al tramonto e il blu intenso del mare catturano subito l’attenzione di molti, che, per ingannare l’attesa, si soffermano a fotografare la visuale con le reflex e gli immancabili smart-phone. L’atmosfera che si respira è familiare, intima, raccolta. Sembra quasi che tempo e spazio si siano interrotti in questo preciso punto del mondo. Alle 19,45 spaccate – come da programma – arrivano i Dry The River, band britannica che strizza l’occhio ai Mumford & Sons con un repertorio che, tra voce in falsetto del cantante e continui crescendo melodici, sembra un sottofondo adatto più ad una funzione religiosa che a un festival indie, anche se alcuni brani emozionano e sono piacevoli all’ascolto. Dopo aver fatto quattro chiacchere con il bassista della band – un curioso mix tra Jim Morrison e Ted Neeley in Jesus Christ Superstar, che ci ha anticipato l’uscita del nuovo album prevista il 25 agosto – ci spostiamo ai Giardini di Palazzo D’Avalos, dove troviamo Adriano Viterbini immerso in una cornice bucolica, onirica, con il pubblico incantato dai suoi virtuosismi e dalla varietà dei suoni che uscivano dal suo ormai immancabile dobro specchiato.
Alle 21,15 ci incamminiamo nuovamente tutti verso Piazza del Popolo, giusto in tempo per l’arrivo dei The Drones, band australiana che fin dalle prime note cattura immediatamente il pubblico, grazie allo spoken word stravagante e mefistofelico del cantante, Gareth Liddiard, diviso a metà tra John Lydon e Nick Cave, in una fusione di punk, blues e psichedelica satanica. Ma è ormai notte inoltrata e l’attesa per The National è giunta alla fine. Alle 23,35 in punto, infatti, ecco alzarsi il boato: Matt Berninger e i gemelli Aaron e Bryce Dressner, Scott e Bryan Devendorf arrivano sulle note di Riders On The Storm e, dopo i formali saluti e ringraziamenti ai presenti, attaccano subito a suonare, servendo come opener la cavalcata pop-wave di Don’t Swallow The Cap e la straordinaria ballata I Should Live In Salt, entrambe hit di successo tratte dall’ultimo lavoro della band (Trouble Will FInd Me, ndr). Matt si muove in continuazione, cammina sul palco, lo marchia a fuoco con la sua vigorosa Promenade. Interagisce con gli altri membri della band, scherza con il pubblico, si schianta innumerevoli bicchieri di superalcolici e – non contento – si percuote più volte la testa con il microfono. Malgrado qualche problema di acustica che ogni tanto interrompe l’atmosfera (“Matt, voice!” è la frase più ripetuta durante i primi minuti), il fil rouge che unisce i brani del gruppo newyorkese non si interrompe e attraversa gran parte della discografia, a cominciare da Alligator passando per Boxer, fino ad arrivare ad High Violet e allo stesso Trouble Will Find Me. O meglio. Si interrompe per un istante quando Matt sbaglia la strofa di Fake Empire, a causa – diagnosi scontata – dell’avanzato stato di ebbrezza. Nonostante questo piccolo “intoppo”, risulta chiarissimo il motivo del recente successo internazionale: la band sa intessere e cucire melodie incredibili, assemblare liriche che sfiorano la poesia, far vibrare ogni corda del cuore. Per non parlare dei crescendo di chitarra e batteria – in perfetta sincronia in Sea Of Love – che creano un pathos degno della voce di Matt. Profonda, intensa, da perfetto crooner, ma anche aggressiva al punto giusto in Abel. I Need My Girl, This Is The Last Time (con un arrangiamento notevolmente accelerato) scivolano via velocemente e quasi dispiace sentire la coda di Graceless, brano dalle dinamiche ammalianti, tripudio di estetica e disperazione. Ma è sul finale, al momento degli encore, che la band di Brooklyn lascia il pubblico a bocca aperta. Matt rientra sul palco a passo felpato, chiede un cellulare con fotocamera e si fa più “selfie” con gli altri membri della band. Poi sulle note della tagliente Mr. November cammina tra la gente, attraversando tutte le prime file, e arrivato sotto il balcone di una casa privata sorretto dalle mani dei presenti, si diletta in una romanticissima serenade rivolta alla proprietaria, che nel frattempo si è affacciata a causa del rumoroso Terrible Love di questo inaspettato “corteggiatore”. Dopo questo piacevole siparietto, la band rivolge i microfoni verso il pubblico e, in acustico, attacca le note della sognante Vanderlyle Crybaby Geeks, regalando emozioni vere a tutti i presenti, che partecipano spontaneamente, all’unisono, in un focolaio di emozioni, mentre Matt – che ormai sentiamo come nostro concittadino, “vastese” di adozione – sorride compiaciuto e dirige il “coro” davanti a sé. Insomma, i The National non hanno sbagliato un colpo e si ha l’impressione che le istantanee di questo concerto – selfie inclusi – resteranno per sempre nella memoria di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di assistere a questa prima giornata del Siren Festival. Giorno 2
Il tempo si dimostra clemente anche per questo second day, dimostrandosi “complice” e “supporter” di quello che cominciava a delinearsi come uno dei festival più importanti e meglio riusciti degli ultimi anni. Alle 21,00 spaccate, al cortile del Palazzo D’Avalos, troviamo il famigerato Tycho, artista di San Francisco dedito alla sperimentazione. L’elettronica, i soundscapes e le immagini del surf e della California la fanno da padrone, mentre alcune gocce di pioggia fanno capolino dalle nuvole minacciose e nere, anche loro probabilmente ansiose di dare un’occhiata a quello che stava accadendo. Dopo quarantacinque minuti di buona elettronica, ci spostiamo tutti in blocco di nuovo in Piazza del Popolo, dove ad accoglierci troviamo il mitico John Grant, già pronto sul palco con la sua t-shirt che omaggia Kubrick (da lontano si intravede uno stilizzato Alex di Arancia Meccanica) e la lunga barba da hipster. È poetico il nostro artista statunitense, ma sa anche intrattenere e scaldare il pubblico. It’s Easier, dolcissima ballata piano voce, e Black Belt, virata elettronica/synth à-la Depeche Mode, piacevolmente “danzereccia”, rappresentano il piatto forte della sua performance, nel complesso indubbiamente meritevole e coinvolgente.
Verso le 23,30, dopo essere stati storditi dai Fuck Buttons – racchiusi in un’atmosfera psichedelica, acida, dai suoni stratificati – corriamo tutti a prendere i posti in Piazza del Popolo per l’attesissima band scozzese, reduce da un altro concerto a Roma, all’Auditorium Parco della Musica. Alle 23,45 in punto, infatti, ecco i Mogwai dare il via all’esibizione con White Noise, tratta dal loro ultimo album, dal titolo geniale Hardcore Will Never Die But You Will. La location è gremita, ogni metro della piazza diventa un presidio per i fan, ad occhio numericamente maggiori rispetto alla serata precedente. Fin da subito si percepisce come la band di Glasgow si stia via via liberando degli orpelli malinconici e tradizionalmente post-rock che li caratterizzavano nei precedenti lavori per avvicinarsi a suoni più ficcanti e sperimentali, ben sintetizzati nella resa live di How To Be A Werewolf. La scenografia è ammaliante: tre esagoni, corredati da luci al led blu elettrico, fanno da sfondo al palco mentre, praticamente senza sosta, la band, a velocità quasi convulsa, si dedica agli altri brani della setlist. Tra tutti, meritano un’attenzione maggiore quelli eseguiti come encore, Hunted By A Freak e Fear Satan, un tripudio di suoni prima ovattati e poi sparati verso il cielo con ritmiche trascinanti e volumi assurdi, che squarciano in due il velo di pioggia ancora minaccioso sopra le nostre teste. Il risultato è di una straordinaria omogeneità musicale, un continuum sonoro che riesce a trasportare in uno stato di trance mistica, di alterazione della coscienza da cui è difficile riprendersi, anche a parecchi minuti dalla fine.
Precisione, intensità, passione. Sono sicuramente questi i termini che meglio si addicono al festival abruzzese. Una kermesse che, grazie al respiro cosmopolita, ha gettato le basi per costruire la sua leadership e per consacrarsi nella “hall of fame” dei festival internazionali, senza però dimenticare la dimensione più “locale”, con gli splendidi scorci vastesi, raccolti, intimi, che sono riusciti a saldare i vari concerti ad un senso di appartenenza comune e di eternità. Non ci resta, quindi, che attendere il 2015 per la seconda edizione. Assolutamente imperdibile.
SETLIST THE NATIONAL:
Don’t Swallow The Cap I Should Live In Salt Bloodbuzz Ohio Sea Of Love Sorrow Afraid Of Everyone Squalor Victoria I Need My Girl This Is The Last Time The Geese Of Beverly Road Abel Slow Show Pink Rabbits England Graceless Fake Empire
Encore: Wasp Nest Mister November Terrible Love Vanderlyle Crybaby Geeks
SETLIST MOGWAI:
White Noise Jim Morrison Mastercard Ithica Rano Piano How To Be a Werewolf Auto Rock Friend Mexican Grand Prix Deesh Remurdered We’re No Here
Encore: Hunted By A Freak Fear Satan
(Nella foto: la "serenata" di Matt Berninger dei National a Vasto, in una foto tratta dal web di Angelo Montagano)
Articolo del
02/08/2014 -
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