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Barzin
Barzin live @ Init Club - Roma, 9 aprile 2014
Roma
09/04/2014
di
Giuseppe Celano
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Mercoledì sera, a Roma il vento ponentino ha raffreddato le aspettative di una tanto agognata serata al caldo. Siamo all’Init, aspettiamo d’incontrare Barzin arrivato in Italia per il tour di To Live Alone In That Summer . Sono le 22.30 passate e c’è ancora poca gente, nonostante gli anni passati a vedere concerti non ci spieghiamo perché il pubblico preferisca disertare questi appuntamenti per andare a vedere altre mediocri banalità modaiole. A dire il vero lo sappiamo benissimo perché ma preferiamo non dirlo sperando in una lenta inversione di marcia. Noi invece ci siamo infilati in punta di piedi in quest'antro musicale, lo abbiamo supportato con il passaparola invitando conoscenti e amici, come fosse un rito sacro solo per eletti.
La sala mezza vuota costringe Barzin a diminuire il numero di brani salendo sul palco abbastanza in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Lo avevamo visto due anni fa al Black Market in duo acustico, eravamo curiosi di annotare le differenze con la formazione al completo. Come previsto il set parte in sordina, lento e delicato, in pochi minuti il cantautore canadese spazza via ogni perplessità (se mai ce ne fossero ancora). La sua musica ha la capacità di abbattere qualunque paletto e limitazione. Mentre iniziamo a scaldarci (senza toccare un goccio di alcol) con quegli accordi melanconici e la sua voce perfettamente comprensibile arrivano i pezzi che fino a poco tempo fa abbiamo aspettato e consumato. Le emozioni si sommano sostituendosi le une alle altre con lo scorrere dei minuti. Soft Summer Girl, All The While (dall’ultimo album), Queen Jane fino all’impressionante cover di Cross The Road di Songs Ohia. Il suo crescendo lento e maestoso si trasforma in un’esplosione elettrica imprevista, tanto intensa quanto ipnotica. Non ce ne rendiamo conto ma sono passati quaranta minuti e proprio mentre siamo entrati in sintonia con Barzin il concerto finisce lasciando tutti affamati.
Non la mandiamo giù facilmente, abbiamo atteso anni per vederlo in formazione completa, ma ce ne facciamo una ragione solo perché Barzin suonerà ancora al Black Market a maggio e poi nelle vicinanze di Roma. Intanto lo ritroviamo al banchetto dei cd mentre compriamo qualche vinile da farci autografare. È sempre disponibile e sereno, una persona piacevolissima, pieno d'attenzioni per chi s’avvicina a chiedergli qualcosa. Dopo averlo lasciato in pace a chiacchierare con i fan prendendosi tutti i complimenti dovuti ne approfitto per trascinarlo fuori dal locale. Il vento è freddo e fastidioso, per un attimo ho paura che gli causi qualche abbassamento di voce, mi sento responsabile. Intervistandolo cerco di scavare un po’ nella sua vita, lui sorride in modo disarmante e risponde a tutte le domande. A fine intervista si ferma con noi a parlare di musica, ci chiede informazioni su Napoli e su cosa mangiare, dopo una mezz’ora ci salutiamo abbracciandoci, come vecchi amici (spero). È stato un concerto emozionante, di quelli che rivedresti la sera dopo e pure quella successiva. Tornando a casa con la melodia di All The While che risuona nel cervello, mentre ammiri quel bel vinile bianco con tanto di dedica, provi a prender sonno nel letto ti rendi conto che la frase «That cocaine dreams that go nowhere» sembra rappresentare perfettamente la tua eccitazione mentale.
Articolo del
12/04/2014 -
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