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Mardi Gras
Mardi Gras live @ Visiva, La Città dell’Immagine - Roma, 21 settembre 2013
Roma
21/09/2013
di
Mirela Marta Banach
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Visione: apparizione veritiera, spettacolo di incomparabile bellezza. Visionario: chi si lascia trascinare dalla fantasia e dal sentimento astraendo dalla cruda realtà delle cose. C’è un posto a Roma che per ben due giorni ha dato corpo visivo e reale a tutto quel che in apparenza può sembrare impalpabile e utopistico, plasmando una veritiera astrazione sensoriale: Visiva- La Città dell’immagine. Tra rivoluzionarie installazioni artistiche sovvertenti in toto qualsivoglia rigidità canonica culturale, gli alti tetti inauguranti la prima metropoli espositivo - museale privata romana si sono materializzati per due ore in una sala prove a cielo aperto per i Mardi Gras. E’ bene chiarire da subito le fondamenta di questa creativa “fortezza” musicale: non vi è stato nulla di preordinato per il sestetto alt rock romano che per ironia della buona sorte è stato catapultato nel progetto in tempi molto brevi. E state certi che il visionario che l’ha ideato ci ha visto lung(hissim)o. Da qui l’edificazione tout court della jam session all’insegna della più caleidoscopica improvvisazione, ancorata solamente a griglie di accordi e spartiti animati dal caldo vento di una irretita notte di fine estate. Il clima (de facto la strumentazione era al completo) da unplugged en plaine air imperversa senza indugio nonostante la connaturata percezione di uno spirito primordiale più grezzo, visceralmente rock, anglofonicamente folk. Non è un caso difatti che la band (il cui appellativo, nota bene, richiama all’ultimo lavoro in studio dei Creedence Clearwater Revival) scelga come ouverture-track la leggiadria acustica di Scarecrow In the Snow, dall’impianto testuale classicheggiante e ostinata polemica tipicamente 60/70’s: si pensi che insieme all’incisiva The Wait entra a pieno titolo nella raccolta Neilyounghiana di “Songs of the times”, data l’inconfondibile venatura politicamente (un)correct.
Sarà l’album ”Among the Streams” (2011) ad avere predominanza esecutiva, rivelando al pubblico visionario quasi tutto il repertorio: dalle liriche acustiche intrise di romanticismo infausto quali Hard to Belive e Men Improve With the Years (quest’ultima arricchita nel disco dalla voce soul di Liam Ó Maonlaí dei Hothouse Flowers) alle soluzioni più in affini al primordiale country e roots rock americani di Shine e Ballad of Love, fino a giungere a sperimentazioni live piu incisive di Sister I Know e Satellites And Me, quasi a voler rendere omaggio a quelle costellazioni che non riuscivano a sradicarsi da elementi connaturali alla scenografia siderea. Di astri parlando come non rimarcare una delle nuove releases Your Constellation, nonché Song from the End of the World, entrambe eseguite con cocciuto garbo della nuova voce di Claudia Loddo. Si percepisce una franchezza in pieno stile r’n’r volta a cogliere la visionaria notte senza confidare nel domani, senza prescritti propositi impreditoriali: da qui l’esteso estro instrumental ma anche la mancata fuoriuscita di quella spinta tesa a sfruttare il piano di Alessandro Matilli, che tanto potrebbe fungere da delicato pacificatore di grezze armonie tipiche delle recenti produzioni. Non a caso dell’ultimo lavoro “Alys” (colonna sonora dell’ononimo corto di Sante Sabbatini del CSC) nessuna traccia: ci si tuffa nel passato glorioso di Have You Ever Seen the Rain dei padri ispiratori, la springsteeniana (e tanto cara al chitarrista Fabrizio Fontanelli e il bassista Andrea Casini) Land of Hope and Dreams e (per la prima volta dal vivo, in piena improvvisazione) Come Together, giusto per spianare la «Road» all’elettrica solista di Alessandro Cicala e alla batteria vibrante di Mauro Lopez. E poi ti viene chiesto Are We Ready for the Sun? Ebbene sveliamo come all’alba, mentre noi comuni visionari stavamo «Waiting for it», la loro musica ci ridondava ancora nelle orecchie...
(Le foto sono di @Federica Flavoni)
Articolo del
05/10/2013 -
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