Un concerto ancestrale, di quelli che non si ascoltavano da tempo, ha segnato il ritorno a Roma di Steven Wilson, il frontman dei Porcupine Tree, una delle più amate band di Progressive Rock, un gruppo che è ancora capace di convogliare l’entusiasmo e la passione del pubblico quasi come accadeva nei primi anni Settanta con band storiche quali King Crimson, Gong, Genesis, Camel e Gentle Giant. Gli ultimi dischi dei Porcupine Tree però, per quanto validi, non hanno conosciuto il successo di critica e di pubblico di Grace For Drowning, il secondo album solo di Steven Wilson che si presenta per la prima volta in concerto dal vivo in questa sua nuova dimensione, che rimane comunque parallela al progetto Porcupine Tree.
C’è molta attesa per questo show e la gente è arrivata a Ciampino comunque, sfidando il traffico, uno sciopero dei mezzi pubblici e una festa patronale che impediva l’accesso a Viale Kennedy, proprio dove si trova l’Orion Club. Non ci siamo persi d’animo (ci vuole ben altro) e siamo arrivati giusto in tempo per l’inizio del concerto. Steve Wilson si presenta sul palco con una tour band di tutto rispetto che prevede l’apporto di eccellenti musicisti quali Marco Minnemann, alla batteria, Nick Beggs, al basso, Theo Travis, al flauto e al sax tenore, Adam Holzman al mellotron e alle tastiere, e Niko Tsonev alla chitarra elettrica. Inizialmente una rete posta sul palco separa il pubblico dalla band e riusciamo solo ad intravedere i musicisti alle prese con i loro strumenti e Steven Wilson chino sul suo pianoforte. Ma venti minuti dopo - non appena la musica comincia a salire di tono - sferzate di chitarra elettrica e le note di un basso prepotente e ventrale spazzano via quella rete, cade il velo, cede ogni filtro, non c’è più separazione fra artista e pubblico. Da quel momento in poi , segnato dall’esecuzione di No Part Of Me, è tutto un rincorrersi di suoni ed emozioni che danno nutrimento sia alla mente che all’anima del pubblico presente, fortunatamente composto non soltanto da inossidabili appassionati del Progressive, ma anche da tanti giovani.
Si passa dalla musica d’ambiente a echi dei suoni di Canterbury, da slow ballad per piano e voce - come Deform To Form A Star - a Sectarian, una composizione solo strumentale che far volare via la mente. Molto bella anche Postcard, un brano forse un po’ troppo catchy, ma dotato di un tessuto armonico assolutamente sbalorditivo. La voce di Steven Wilson è bellissima, incantata e sognante. Lui si muove come al solito a piedi nudi sul palco, passa con disinvoltura dal pianoforte alla chitarra acustica e ogni tanto si trova costretto anche a frenare l’entusiasmo dei presenti, fin troppo vocianti per accogliere al meglio la natura di alcune sue composizioni. E’ musica epica, è roba dell’altro mondo, Marco Minnemann, uno fra i migliori batteristi al mondo, è bravissimo e instancabile, un vero e proprio treno lanciato in corsa contro la superficialità con cui guardiamo al mondo. E’ musica etica, che si interessa del destino del globo terrestre, che si prende cura della nostra vita e riscalda i nostri cuori . Ci sono citazioni dal primo episodio solista di Steven Wilson, ma il repertorio di questa serata è quasi interamente tratto da Grace For Drowning, un disco uscito nel 2011, che è semplicemente bellissimo. Sì, è proprio vero, se dobbiamo affogare, facciamolo con grazia, con dignità, e la musica inquieta ma al tempo stesso sognante di Wilson disegna una ideale colonna sonora per l’Apocalisse. Su Remainder The Black Dog, ma anche in altre occasioni, riconosciamo il crescendo musicale che era tipico dei King Crimson di Robert Fripp di Larks’ Tongues In Aspic”. Sì perché quella batteria sempre in controtempo, quella chitarra elettrica che lacera all’improvviso qualsiasi forma armonica, recano segni di antiche influenze crimsoniane che però Steven Wilson è bravissimo a riportare in vita. Le partiture disegnate dal mellotron e il sax tenore di Theo Travis, che avevamo visto con Fripp al concerto alla Chiesa Evangelica Metodista, ricordano invece un album come Islands, ma non c’è differenza, sempre di King Crimson si tratta.
Sul finale Steven Wilson indossa una gigantesca maschera antigas e accompagna alla chitarra elettrica l’esecuzione di Raider II, un brano lunghissimo, di oltre venti minuti, che inizia con note di pianoforte cadenzate e pesanti per svilupparsi poi in un groove musicale tanto bello quanto complesso. Una musicalità superba, una orchestrazione fantastica che prende spunto dall’hard rock alla musica sacra, dalla musica sinfonica al jazz così come dall’avanguardia alla musica contemporanea. Siamo in presenza di un fluire unico e assordante, di una mirabilia live a cui partecipano tutti i musicisti di questo supergruppo. Saranno loro ad entrare in studio con Steven Wilson per registrare il seguito di Grace For Drowning. Non manca molto ed è lecito quindi aspettarsi un altro capolavoro.
SETLIST:
No Twilight Within The Courts Of The Sun Index Deform To Form A Star Sectarian Postcard Remainder The Black Dog Harmony Korine Abandoner Insurgentes Luminol No Part Of Me Raider II
Encore:
Get All You Deserve
(La foto di Steven Wilson all'Orion di Ciampino è di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
14/05/2012 -
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