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Sesta puntata della serie di interviste ispirate dal libro di Graham Jones Last Shop Standing – Whatever Happened To Record Shops? - vedi RECENSIONE - sulle condizioni in cui versano le rivendite di dischi che operano al di fuori delle grandi catene.
Intervista rilasciata da Eugenio di Doctor Music (Roma)
1. Da quanto tempo esiste il negozio?
E: Il negozio è nato nel 1987.
2. Quante persone ci lavorano?
E: Una sola (purtroppo per il mio tempo libero).
3. Com’è nata l’idea di aprire un negozio di dischi?
E: Dalla passione per la musica e dalla coscienza di non avere particolari capacità come musicista, per cui la cosa che poteva tenermi vicino alla musica rimaneva il negozio.
4. I rapporti con le case discografiche? Nel libro, Jones mette in evidenza che le major favoriscono le grandi catene (gli ipermercati) ai danni dei “pesci piccoli”, completamente trascurati. Confermate o smentite la sua asserzione?
E: Le case discografiche (in maniera suicida) hanno privilegiato i rapporti con la grande distribuzione, che da un lato ha favorito il loro “lavoro” di massificazione (e omogenizzazione) della musica, finendo col distruggere il patrimonio di diversità, con conseguente ridimensionamento del mercato. Alcune case (la EMI, per esempio), poi, si rifiutano di lavorare con i piccoli negozi se non a condizioni inaccettabili. Fortunatamente esistono le etichette e i distributori indipendenti.
5. Veniamo agli acquirenti di dischi: nel vostro negozio entrano più clienti “occasionali” o abituali? Sui guadagni incidono di più le spese dei primi o dei secondi?
E: La clientela è composta almeno al 60% di clienti abituali, dai quali proviene circa il 75% degli incassi.
6. Età media dei clienti? È vero che gli adolescenti si accontentano di file scaricati dalla Rete?
E: L'età media del cliente è fra i 45 e i 55 anni. Gli adolescenti sono in aumento con il fenomeno della moda del vinile: non pochi sono i giovani che scaricano per conoscere e che poi acquistano quello che ritengono di valore.
7. Scelta dei titoli da tenere in negozio e dei generi musicali trattati: è influenzata dai vostri gusti personali? Dalle recensioni di testate specializzate (quali?)? Prendete in considerazione le hit-parade?
E: Direi che in buona sostanza i dischi presenti in negozio riflettono (con le dovute eccezioni) i miei gusti musicali. Le testate che influenzano i miei acquisti, e parte degli acquisti dei miei clienti, sono "Il Buscadero" e "Mojo". Le hit-parade non le leggo nemmeno.
8. Quali dischi avete venduto di più negli ultimi mesi?
E: Negli ultimi mesi ho venduto bene By A Thread dei Gov’t Mule, One Fast Move Or I'm Gone di Farrar/Gibbard, Midnight Soul Serenade degli Heavy Trash, BackSpacer dei Pearl Jam e l'omonimo disco dei Them Crooked Vultures, per menzionarne alcuni...
9. Le richieste più stravaganti ricevute?
E: Tre giorni fa mi hanno chiesto se avevo nulla di musica "gossip".
10. Avventori bizzarri?
E: Fondamentalmente siamo tutti bizzarri... almeno per gli altri, quelli che pensano che sentiamo musica strana.
11. Il disco, o i dischi, di cui mai avreste sperato di sbarazzarvi, che tra l’altro siete riusciti a vendere a un prezzo folle?
E: Per me, la vendita di un paio di Lp di Miguel Bosé a 6 Euro l'uno, è da considerarsi in questa categoria.
12. Internet: quanto ha inciso sui ricavi del negozio? Il Web va demonizzato? Lo utilizzate per reperire dischi, anche per le vostre collezioni personali? Vendete dischi on line?
E: Sicuramente Internet ha inciso sui ricavi, ma può essere una risorsa per i piccoli negozi. Quindi nessuna demonizzazione: io uso il Web sia per i miei acquisti personali che per vendere.
13. Ha senso concepire ancora un negozio di dischi come spazio di scambio culturale?
E: La concezione di negozio come spazio di interscambio culturale (e sociale e politico, aggiungo io) è l'unico motivo per il quale ancora mi rifiuto di vendere da casa o da un seminterrato, per corrispondenza. È sempre più difficile, soprattutto dati i costi (affitti alti, per esempio), ma ancora ne vale la pena.
14. Secondo Jones a sopravvivere saranno le rivendite in grado di adattarsi ai tempi che cambiano. Portando esempi concreti, l’autore intravede uno spiraglio di luce nella scelta di specializzarsi in determinati generi musicali, di ampliare la gamma di prodotti esposti senza snaturare il negozio (ad esempio, con uno stock di strumenti musicali), di sfruttare le potenzialità di Internet per il commercio on line. Visione semplicistica? Soluzioni troppo onerose?
E: Beh, l'evoluzione della specie garantisce a chi si adatta la possibilità di sopravvivere. Nel mercato discografico la specializzazione (ovvero la capacità di selezionare bene l'offerta alla propria clientela) è sicuramente un modo – positivo – di adattarsi. L'ampliamento dell'offerta dipende dalle disponibilità di ciascun imprenditore; io, per esempio, amerei avere una sezione di cinema (horror, fantastico, noir e un po’ di classici) su Dvd, ma una selezione decente richiede una spesa che non posso affrontare. Poi ci sono i fumetti (che amo quasi come la musica): in questo campo un po’ mi sto muovendo, ma anche qui la concorrenza è forte, e il tempo (per andare a vedere, ad esempio, le collezioni in vendita) è poco.
15. Dieci titoli da portare su un’isola deserta?
Rolling Stones, Exile On Main Street The Clash, London Calling Bob Dylan, Blood On The Tracks The Who, Who's Next Grateful Dead, Workingman's Dead Jefferson Airplane, Volunteers Janis Joplin, Pearl Elvis Costello, This Year's Model Patti Smith, Horses Cramps, Songs The Lord Taught Us
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Articolo del
24/03/2010 -
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