Un capolavoro: sonoro, visivo, ballerino, esistenziale. È questo il live di Squarepusher, al secolo Tom Jenkinson, nell'unica data italiana del suo tour estivo, grazie a DNA concerti, al Circolo Andrea Doria, zona Roma Nord, nei pressi del Tevere, sotto il ponte metafisico del Sacro GRA.
Seppure sia oramai l'ennesimo live che seguiamo del Nostro, ogni volta è sempre il migliore. Così anni fa, nell'inaspettata ospitalità di Piazza dei Cinquecento, innanzi alla stazione Termini, quindi successivamente, la notte in cui morì James G. Ballard (ma guarda il destino!) nell'aprile 2009, nell'altrettanto impensabile Piper romano e più recentemente, per il tour di 'Ufabulum', nella Cavea dell'Auditorium, per Meet In Town, dove Squarepusher si presentò con casco pieno di Led, immerso nell'elettronico paesaggio visivo che accompagnava i suoi impressionanti beat.
Così l'altra sera Squarepusher è salito sul palco verso le 23,40 avvolto in divisa grigia felpata da schermitore, con tanto di maschera argentea a coprire il viso. Non un travestimento, ma l'abito necessario a riverberare visuals e proiezioni visive che venivano sparate sul doppio schermo cuneiforme alle sue spalle e al centro del quale era sistemata la consolle di questo sapiente officiante di riti musicali senza tempo, dove ascolto, vista, danze scomposte, battiti cardiaci accelerati, movenze solipsistiche e condivisioni frammentarie guidano platea e palco in una sorta di trance spazio-temporale. E i nostri più vivi e convinti complimenti a ColorSound Service per la sapienza con la quale ha curato il sistema audiovisivo della serata: impeccabile e perfetto, come raramente ci è capitato di sentire e vedere, in giro non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa. Con i nostri occhi e orecchie a gustare uno spettacolo senza pari!
Quindi serata davvero indimenticabile. Con un'oscura partenza che ci porta subito nel vortice dell'ultimo, eccellente e già segnalato, lavoro di Squarepusher, 'Damogen Furies' (WARP), suonato quasi per intero, con versioni devastanti di Store Eiglass e Rayc Fire 2 e, più avanti, gli squarci lirici di Exiag Nives e di Baltan Arg che fomentano le prime file sottocassa, di un pubblico in realtà non troppo numeroso (del resto lo spazio non è poi così ampio), variegato per età, anche verso e oltre gli “anta” e assai ben disposto. E la prima ora vola via con squarci rumoristici, beat possenti, a tratti drill'n'bass, aperture sinfoniche, break impressionanti, assalti digitali e il piede sinistro di Tom che batte all'impazzata, mentre con la mano sinistra fomenta continuamente le prime file. E a tratti pare davvero di stare dentro una narrazione filmica che incrocia Philip K. Dick e gli oramai fratelli in transizione Wachowski, con il nostro Tom nel ruolo di officiante che diventa perfomer completamente calato nel miscuglio sound/landscape che avvolge la dancehall. Come qualcuno ha già scritto sono i geniali algoritmi del comune di un artista senza limiti che diffondono bellezza sonora, visiva, musicale, ballerina contro i cupi, austerici, mortiferi algoritmi del capitale finanziario.
Quindi una pausa, brevissima, che permette a Squarepusher di rientrare sul palco, senza la claustrofobica maschera, pronto a imbracciare il suo celebre basso a sei corde per una lirica jam session nei suoi classici pezzi del passato. E, forse accecati e assordati, sicuramente persi nelle nostre rimembranze ultradecennali, ci è parso di sentire il capolavoro di lambic 9 Poetry pizzicato al basso. Venti minuti scarsi di totale immersione nel talento sconfinato, irriducibile, a tratti erratico, altre volte furioso, di questo saggio, folle protagonista della scena musicale dell'ultimo ventennio che è Tom Jenkinson. E questo è il punto. Lo si è detto in diverse occasioni e contesti, da più parti, ma ogni volta si deve ribadirlo: soprattutto dopo performance come queste. Le creazioni dell'etichetta WARP, che ci accompagnano oramai da quasi un trentennio, continuano ad essere il picco irraggiungibile di quella musica elettronica che “è” la musica classica sul finire del Novecento e di questi primi decenni del Duemila, della quale Aphex Twin, Autechre, Boards of Canada, Plaid, Squarepusher (ma, anche: Mira Calix, il geniale accidioso Gonjasufi, quindi Darkstar) sono i cantori epici, scostanti e indiscussi. E non si tratta (solo!) di essere empaticamente, oltre che cronologicamente, legati alla cultura musicale, sociale, tardo-lisergica ed espansiva degli anni Novanta della prima scena rave ed electro, perché le prove migliori questi artisti continuano a darle nel tempo: qui e ora. Così speriamo di raggiungere Squarepusher nel suo live autunnale di London City (il 24 ottobre, al mitico Troxy).
In coda c'è solo da consigliare qualcosa sulla location romana, di fatto collocata in un luogo splendido, ma davvero difficilmente raggiungibile, se non per gli iniziati. Chi vi scrive ha personalmente dirottato due macchine nella giusta direzione, oramai rassegnate ad essersi perse, solo perché ha la fortuna (per così dire) di avere il figlio che gioca a calcio nei campi accanto ed è quindi diventato, suo malgrado, profondo conoscitore della zona. Non c'è una luce, né una segnalazione da nessuna parte: consigliamo di mettere almeno una fiaccola su via Tor di Quinto, per indicare la retta via, direbbero i nostri avi. Un ulteriore appunto sul parcheggio, praticamente sui bordi della strada, alla non certo modica cifra di 3 euro e sul cocktail, in bicchiere di plastica piccolo (dico piccolo!), ad 8 euro. Ho gustato il mio Negroni, invero assai prezioso, solo perché ho avuto l'antica saggezza sperimentale di chiedere solamente un cubetto di ghiaccio, ecco...
In ogni caso: alla tua salute e lunga vita al maestro Squarepusher!!
(La foto di Squarepusher al Circolo Andrea Doria è stata gentilmente concessa da Carla Pagani)
Articolo del
28/06/2015 -
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