Immaginate un duo composto da un chitarrista, dalla cui sei corde fuoriescono stridori blues, e da un percussionista e programmatore di schizofrenici beat e loop elettronici. Ora immaginate quest’improbabile duo alle prese con una lisergica quanto delirante jam. Fatto? Ottimo, perché è proprio così che suona questo “Wild”, prima fatica discografica a nome Above the Tree & The E-side. L’entità sonora nasce in realtà nel 2007, con la sola sigla di Above the Tree, essenzialmente come progetto solista di Marco Bernacchia, artista a tutto tondo, già nelle fila di M.A.Z.C.A. e Gallina. Musica multiforme quella del nostro, capace fin dagli esordi di unire vagiti folk e avanguardia sonora, amalgamando fangose sonorità blues, con richiami all’Africa tribale, il tutto su di un substrato ritmico composto da rumori assortiti. Lavoro in studio che trova la sua degna prosecuzione on stage, dove il corpo dello stesso Bernacchia assurge a vero e proprio strumento, trasformandosi in un’ulteriore valvola di sfogo della propria dirompente musica, al quale si aggiunge, ad accentuarne ulteriormente l’impatto visivo, il ricorso a una maschera da gallo. In seguito all’incontro con il percussionista e programmatore Matteo Sideri, il progetto sfocia in un duo, che ora sotto la nuova ragione sociale di Above the Tree & the E-side, da alle stampe il primo frutto di questa collaborazione, “Wild” appunto. Vera protagonista è tuttavia, come sempre, la chitarra di Bernacchia, tra lancinanti stridii elettrici e inaspettate oasi acustiche. Prendiamo l’opener “On The Road” oppure “Birds Fobik Town”, nelle quali ipnotici riff di derivazione deltaica vengono inghiottiti e fagocitati dal duo, per poi essere risputati sotto forma di un blues avveniristico, tra loop e contaminazione elettronica. Medesimo trattamento peraltro riservato anche a “W China”, che vira ancor di più verso territori sperimentali al limite della techno, e nella quale si avverte maggiormente l’apporto sonico di Sideri. Dall’incedere più marcato sono invece “Safari F.C.”, che si sviluppa intorno a un mantrico riff avant-blues, e l’allucinata “Bunga bu”, mentre, nella chitarra contaminata di “Svezia”, pare di sentire un John Fahey futuristico. Chiude il disco la rarefatta “Somewhat Like Blues”, tra chitarra acustica di stampo folkie e una voce che pare provenire dalla tomba di un oscuro bluesman del Delta. Degno di nota è l’ottimo interplay tra Bernacchia e Sideri, in una sorta di unione quasi perfetta, nella quale non vi sono prevaricazioni di sorta, ma solo la somma in egual misura di due parti soniche, nel riuscito tentativo di creare un unico continuum musicale. Musica, quella degli Above the Tree & the E-side, con un occhio al passato ed un uno al futuro, in una sorta di trasposizione modernista di stilemi sonori appartenenti alla musica afroamericana. Un album sicuramente non di facile fruizione, ma in grado, ascolto dopo ascolto, di mostrare tutte le proprie peculiarità sonore.
Articolo del
01/03/2012 -
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