Mettici un corvo, un orso, un cinghiale, un lupo della Tasmania e una buona dose di glam rock anni ’70. Non stiamo parlando de “La fattoria degli animali” o di una reunion musicale in qualche foresta, ma presentiamo chi, delle effigie di animali, ha fatto il suo look musicale. Loro sono i Faz Waltz e, per l’ album d’esordio, hanno voluto fare le cose in grande. Sviluppato il loro stile personale, sulle tracce di autori musicali come i Beatles, Alice Cooper e i Queen, mescolate ai ritmi accesi e coinvolgenti di Marc Bolan e David Bowie, i Faz Waltz stanno prendendo piede in questa attraente foresta che è il nuovo rock, adattato ai famigerati suoni del glam rock di 40 anni orsono. È il primo album, rigorosamente omonimo, per i quattro ragazzi di Cantù, Omar Bosis (chitarra), Diego Angelini (basso), Dario Busnelli (batteria) e Faz La Rocca (voce). Un album dalle linee guida abbastanza soft del glitter rock, ma dall’incisiva personalità moderna del nostro odierno rock. Se dovessimo dare una partizione al disco, lo divideremmo in tre parti: crescita, sviluppo, discesa, avendo come comune denominatore l’energia del suono. Partenza tipica classica rock con “Big Mouth” e “Hello Mister” che è la prefazione al significato sonoro di Faz Waltz. “Kingdom Of My Dreams” potremmo immaginarla come la colonna sonora di una favola in cui i signori corvo, orso, cinghiale e lupo della Tasmania, sono immersi nel loro “regno dei sogni”, dalle sonorità simpatiche e che portano con sé le vibrazioni dei “quattro ragazzi di Liverpool” – le ritroveremo anche in “Best Thing of History” e “Toy Theatre”. Con “Little Girl Star” ha inizio la seconda parte del disco, quella più dura, più rock ed incisiva che marchia lo stile attuale dei Faz Waltz, mostra la loro anima ritmata, unica nel proprio genere, che porta su un piatto d’argento le doti virtuose vocali, di batteristi e chitarristi. La tecnica musicale che la band adotta in questo album è di progressione sonora: partono in sordina e gradualmente accennano a cambiare il ritmo e lo stile, traccia per traccia, senza che l’ascoltatore avverta il taglio netto del passaggio. La “filosofia” delle sonorità è quella dell’abituare dolcemente l’orecchio alle sperimentazioni e al passaggio da un pezzo all’altro, senza catapultarlo violentemente da vibrazioni equilibrate a scariche adrenaliniche di rock puro. Il preludio rock di “Little girl Star” si sviluppa decisamente in “Never Stop”. A partire da questa traccia, avvertiamo le sperimentazioni e l’adattamento, in chiave moderna, del sound anni ’70. L’apice si raggiungerà con “Strong As I’m Tough" mentre “No Fun In Love” è la traccia precorritrice della terza parte dell’album che ci riporta ai connotati del rock britannico, in chiave più armoniosa. Il finale è tutto inaspettato e dolce: i cari “animaletti” del rock chiudono con brevi e indicativi assolo di piano che si alternano a ritmati sprazzi di lievi chitarre e batteria.
Articolo del
13/08/2010 -
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