Fervido, colorato e artigianale cantautorato dal sud Italia. E' il biglietto da visita di Gaspare Tancredi, cosentino di Pietrafitta ma siciliano d'adozione, che con ”Le Donne Di Un Clown” esordisce sulla lunga distanza dopo anni di formazione accademica e gavetta tra festival e concorsi musicali locali. Artista poliedrico, il Tancredi, che spazia in tutte le direzioni senza preconcetti di sorta. La varietà è la sua cifra stilistica, tra riferimenti a De Andrè, Concato e De Gregori, ed un timbro vocale intimo e gentile che nel ricordare Ligabue ha il pregio, se non altro, di conferire ancor più calore e spessore all'intera opera. Risultato raggiunto grazie anche ad un manipolo di eccellenti musicisti che donano sangue e sapore alle dieci canzoni. E' il caso di Pezzi Da Mille Lire, con la chitarra di Massimo Garritano in perfetto stile Mark Knopfler, Andrè, con i ricami onirici del flauto di Gianfranco De Franco, e L’Uva di Marta, vera perla da camera grazie al violoncello di Martina Biondi. Tancredi, però, si muove in tutte le direzioni. Indietro e avanti nel tempo ma anche nello spazio, perchè oltre alla tradizione italiana si guarda anche a quella del centro e sud America. Come nel samba di Canzone D'Autunno, impreziosito dai cori di Daniele Moraca; le suggestioni mariachi di Chicchi Di Riso E Fiori D’Arancio, con le sottolineature al trombone di Giuseppe Oliveto; e il tango dissimulato di Rozilda, Forme D'Argilla, con la fisarmonica di Virginio Aiello e il violino di Cristina Pantaleone. I testi, poi, mescolano poesia e letteratura in un saporitissimo potpourri di musica e parole che richiamano le letture di Amado, Alvaro, Cortazar e Montale. Insomma, musicista universale e cantastorie dal cuore caldo. «Ho deciso di essere un clown una notte in cui dei fiocchi di luna mi caddero in faccia, la notte in cui persi la bussola comprata dai cinesi e rimasi fermo e solo in mezzo a dei binari della ferrovia a Genova. Da quel momento ho deciso di fare il clown, di ripagare questa realtà che a volte mi stringe e mi consuma con dei numeri di varietà, da quel momento ho deciso di vestire con scarpe larghe e giacca in tweed, di disturbare i passanti con mosse buffe e guanti in stoffa, di usare la finzione per rifuggire la falsità.»
Articolo del
06/05/2015 -
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