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Japan Suicide
We Die in Such a Place
2015
Unknown Pleasures Records
di
Ida Stamile
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Post punk spruzzato di darkwave nel senso più puro del termine, contaminato e nervoso, che richiama gli Iceage più distorti, con una certa attitudine nelle melodie che volge lo sguardo ai Cure e carico di uno spleen alla Joy Division. Questo è ”We Die in Such a Place”, secondo album dei Japane Suicide (Stefano Bellerba - voce e chitarra, Leonardo Mori - synth, Matteo Luciani - basso, Saverio Paiella - chitarra e Tommaso Sensidoni - batteria). Con un titolo ispirato da un romanzo di Javier Marías e da un’opera di Shakespeare, il disco scorre oscuro tra ruvidezze cupe e atmosfere tetre, incanalandosi tra tematiche testuali che mettono a nudo l’inquietudine celata nella fragilità del male. Registrato presso gli Skylab Studios di Terni da Giorgio e Fabio Speranza e masterizzato allo Studio EEE di Londra da James Aparicio, l’album vive così di melanconia letale, di ritmiche sottovoce, quasi impalpabili, che si fondono alle impurità sonore tipiche del genere. L’anima dark traspare sin dalle prime battutte (Shame) e si mescola alle visioni tormentate, ai graffi rumoristi e vespertini (Naked Skin) alle tensioni sfiorate (Death, Insight, Tokkotai) e alle trame oscure e crepuscolari (I Don't Exist, Even Blood). “We Die in Such a Place”, è forse a tratti un po’ monocorde a livello musicale e con un coacervo di sonorità che si radicano troppo nel passato, seguendo gli echi di certa scena di fine anni ’70 e inizi ‘80, ma è sicuramente un disco carico di pathos melodico e d’istantanee d’infelicità umana che nella ricerca privata e nella musica trovano la propria cura.
Articolo del
23/03/2015 -
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