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Anthony Laszlo
S/t
2015
Metatron/INRI
di
Ida Stamile
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Espandere derive mentali innescate da incessanti flussi di parole e schizofreniche visioni sonore. È una follia linguistica e strumentale quella che si cela dietro questo esordio degli Anthony Laszlo (Anthony Sasso: chitarra e voce -Andrea Laszlo De Simone: batteria e voce). Inquietudini e tormenti vengono filtrati dai suoni, tra deformazioni ritmiche e spiriti ovattati; attimi irrequieti si dipanano tra un rullare ossessivo, un istante disincantato e un’allucinazione retrò. In questo album c’è il rock grezzo, un’anima psichedelica distorta, un soffio di blues alterato e l’energia tenue di un cantautorato d’altri tempi. C’è l’esplosione dei suoni che si scontrano con la rabbia intimista e ironica dei testi. C’è l’alternarsi di morbidezza e potenza che corrono lungo un vortice sempre cangiante di note. Una melodia sghemba (Amarsi Come Non Amarsi) incontra la furia nichilista (Cosa vorrei?). Polvere e paranoia (FDT) abbracciano il lento declino esistenziale (Gioco) e i conflitti interiori (Solo Se Fossi, Solo Un Uomo), mentre ballate astratte (Lei) duellano con ritmiche penetranti (Quello Che Io Vorrei, Un Altro Giorno). Il disco, che vede anche le collaborazioni di Alberto Bianco, Gionata Mirai del Teatro degli Orrori e Gabriele Ottino dei Niagara, scorre veloce tra melodie color seppia e corrosioni caleidoscopiche. Un album che fluttua a intermittenza tra fotografie in bianco e nero e arcobaleni acidi di suoni.
Articolo del
24/02/2015 -
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