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Fabrizio Bertolucci
¼ Un quarto
2014
CD autoprodotto
di
Emilio Ruffo
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Spesso m’interrogo davanti a degli album sul perché dovrei acquistarli? Quali le motivazioni? Cosa aggiunge alla mia collezione? Orbene le motivazioni, oltre che di natura squisitamente uditiva legata al piacere dell’ascolto in se o di affezione all’autore, toccano anche aspetti meramente artistici, quali la validità di un progetto, l’idea in se innovativa, il gusto della scoperta di nuove sonorità ed altro ancora. Certo è difficile rispondere appieno in maniera positiva per un opera come questa. Intendiamoci bene, non perché sia suonata o arrangiata maldestramente, anzi tutt’altro. Il disco suona bene, trasuda conoscenze e passioni musicali e ne mostra l’assoluta padronanza strumentale del leader e dei suoi accompagnatori. Ma cos’è allora che non funziona? E’ l’idea progettuale a mancare. Tutto suona come un deja vu, arrangiamenti tardi anni ‘80 e ‘90 di una certa “fusion” muscolare tutta tecnica e poca anima per intenderci, prodotta da virtuosi degli strumenti (Stern, Gambale, Miller, Cobham e tutto il giro dell’etichetta Americana GRP) oppure a tratti il funk-rock dei Tower of Power (102 Bpm traccia in apertura) ormai poco più che oleografico. Si può stare naturalmente su uno stile del passato. E’ una scelta sacrosanta, ma reinterpretandone le timbriche, le armonie inserendovi novità strumentali o quant’altro possa servire a rileggerne il linguaggio. In questo esordio del bassista lucchese Fabrizio Bertolucci tutto questo manca. Così, brano dopo brano non ci riesce di essere catturati da questo lavoro che presenta comunque un parterre di tutto rispetto composto da giovani leve del jazz Italiano. Cerchiamo però di fotografare comunque qualche buon dettaglio; così in La Mia Musa è calda ed avvolgente la melodia del flicorno di Alessio Bianchi. Bossa Boba un brano che non tace dell’ammirazione di Bertolucci per certa latin-fusion made in Sandoval con il sax di Massimiliano Soggiu in evidente stato di grazia. Inusuale il fagotto solista di Michele Lenzi in un brano, Modal Swing, da accenti speziati world con i contrappunti chitarristici eleganti di Memè Lucarelli. Altri due brani interlocutori Inedito e La Primavera Che E’ In Me posti correttamente in chiusura di un disco che lascia poco sedimento, ma se vi accontentate solo della tecnica e vi piace il genere forse potreste apprezzare lo sforzo di quest’ giovane autore che ne sono certo potrà darci in futuro di più. Buona, per il genere, la ripresa sonora effettuata da Mirko Latino presso gli studi Jam di Lucca.
Articolo del
06/12/2014 -
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