L’album che non ti aspetti, bello ed intrigante, molto più che una piacevole sorpresa. Il disco si intitola “Polemonta” ed è l’opera prima dei Luz, una band che inizialmente nasce come trio composto dal chitarrista Giacomo Ancillotto, dal contrabbassista Igor Legari e dal batterista Federico Leo, ai quali si è aggiunta più recentemente la violoncellista americana Tomeka Reid, apprezzata artista della scena underground di Chicago. Il nucleo centrale del gruppo nasce a Roma nel 2011 e partecipa attivamente al Collettivo Musicale Franco Ferguson, maturando un senso compiuto di coesione compositiva e una particolare abilità nella costruzione di arrangiamenti molto originali e decisamente complessi, che non vanno in un’unica direzione. Abbiamo a che fare con musica d’avanguardia, che prende in prestito stilemi del rock progressivo dei primi anni Settanta, ma anche musica classica contemporanea, free jazz e improvvisazione. Il contributo del violoncello di Tomeka Reid si rivela essenziale nel tessere trame musicali altamente drammatiche e talvolta struggenti, mentre il “guitar work” della chitarra di Giacomo Ancillotto risulta influenzato in diverse occasioni da passaggi armonici e dalle micro-fratture del tessuto compositivo tipiche di Robert Fripp e dei suoi King Crimson. L’album è solo strumentale, è poco indicato a quanti chiedono alla musica un “facile ascolto” e si protrae lungo sentieri vorticosi e complessi, che talvolta sono dissonanti, stridono, sviluppano tensione. “Polemonta” è un termine della lingua grecanica, anticamente diffusa nel Salento, che vuol dire “lavoro” o anche “combattimento”. Simboleggia di certo gli sforzi compositivi e l’impegno della band che vuole coniare una moneta musicale mai emessa prima. Il nome del gruppo deriva dal romanzo “Che Tu Per me Sia il Coltello” di David Grossman , più esattamente da un passaggio in cui si parla di un ossicino minuscolo, indistruttibile, che si trova giusto all’estremità della spina dorsale e che viene chiamato per l’appunto Luz. Tale piccolo osso non si decompone dopo la morte, né brucia con il fuoco. Questo a significare lo spessore di una musicalità che parte dal “nocciolo duro” del corpo , che è istintiva, fragorosa ma anche quanto mai ricercata e difficile. L’album è stato registrato presso gli studi Entropya Ballabio di Perugia, con la supervisione tecnica di Roberto Lioli; il missaggio è stato affidato a Antonio Castiello, mentre Valerio Daniele si è occupato del mastering, valorizzando il dinamismo e la profondità dei suoni scaturiti dall’energia creativa dei Luz, una band da seguire con estrema attenzione e che attualmente si trova in tour in Italia e in Europa per una lunga serie di concerti dal vivo. Atmosfere sospese, interventi musicali inquietanti, lacerazioni improvvise, il tutto che va a meglio definire un discorso musicale che è unico ed irripetibile. Da ascoltare.
Articolo del
21/07/2014 -
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