Dopo l’eponimo Lp d’esordio rilasciato nel 2012, i Drifting Mines di Adalberto Correale (voce e unica chitarra del progetto) tornano con un nuovo disco di inediti che, a livello sonoro, sembra mantenere le medesime, allettanti peculiarità stilistiche ben evidenti e facilmente riscontrabili nel suo predecessore. Anche in ”Come Back”, album interamente autoprodotto dal gruppo romano in cui figurano pure il tastierista Andrea Di Giampietro e il batterista Carlo Moscatelli, e composto da dieci tracce, sono gli elementi blues, country, garage, rock ‘n’ roll e rockabilly a stagliarsi e a caratterizzare la maggior parte dei brani in scaletta. Come in “Drifting Mines”, l’approccio appare a dir poco ruvido, per non dire lo-fi. Merito, questo, della scelta mirata da parte della band di optare per la registrazione in presa diretta, determinante per catturare il sound volutamente retrò che il trio romano riesce a portare puntualmente on stage. Se gran parte dei pezzi dell’album danno il più delle volte l’impressione di risultare tanto concitati e ritmati quanto brevi, non mancano tuttavia episodi per così dire “dilatati”, ipnotici e dalle tinte oscure, in cui la durata supera nettamente i classici tre minuti, tre minuti e mezzo. Ciò riguarda nello specifico i seguenti brani: Garden Of Evil, The Conjuration e la conclusiva Mirage. Per il resto “Come Back” è tutto un susseguirsi di tracce incalzanti ricolme di bei riff e di fraseggi chitarristici degni di nota, magari non pulitissimi, ma in ogni caso efficaci. Un discorso del genere vale sicuramente per l’iniziale Spitfire Boogie, in cui non passa certo inosservata la netta inclinazione punkettoide, per la successiva The Gunfighters Come Back, e poi per altri componimenti spigliati – e se vogliamo ballabili – come Oh Yeah Dancer! , Like A Driftin’ Mine, il cui riff portante ricorda palesemente quello de La Grange, il primo singolo Water Or Gasoline e Cottonfield Blues. Un ritorno sicuramente discreto per i Drifting Mines che pure stavolta sono riusciti a confezionare un prodotto molto omogeneo e coerente, in cui magari scarseggiano la modernità e l’innovazione ma dove, in fin dei conti, la tradizione viene rispettata e rispolverata con estrema umiltà e gusto. Un disco d’altri tempi pieno di passione ed energia, registrato in sole sei ore presso i Backstage Studios della Capitale. Detto ciò, buona la seconda.
Articolo del
20/01/2014 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|