Peccato solo che non duri neanche una quindicina di minuti questo bell’Ep d’esordio realizzato dai Fucking Shalalalas, elegante, raffinato duo romano formato da Sara Cecchetto e Alessandro Lepre Gnerre. Peccato perché le cinque canzoni inedite in esso racchiuse denotano una leggerezza, una solarità e una genuinità davvero rare di questi tempi. Il disco, prodotto da Giulio Bozzoni e Simone Olivieri e rilasciato lo scorso 24 marzo, scorre che è una meraviglia. L’approccio è sostanzialmente soft, minimale. Si potrebbe parlare di un folk morbido e grazioso, privo di eccessivi orpelli e, soprattutto, accessibilissimo a tutti in quanto orecchiabile e poco articolato. Un folk in cui, come si può immaginare, la chitarra acustica rappresenta il perno su cui va a poggiarsi tutto il resto. Pochi, d’altronde, gli strumenti inseriti per arricchire dei brani già abbastanza convincenti e completi di per sé. È stato soprattutto Simone Olivieri, curatore degli arrangiamenti assieme alla band, ad occuparsi di aggiungere qua e là il piano (Blade Of Grass e Let’s Shalalala), il basso (Lying On A Hill e Tiramisù), il Farfisa (May e Tiramisù) e l’autoharp (Jenny).
Registrato da Mattia Candeloro presso l’M. House Studio di Roma, “The Fucking Shalalalas’ Ep” si apre con Blade Of Grass, canzone sicuramente molto semplice a livello di struttura ma, in ogni caso, prodotta con gusto e sensibilità. Questo perché nel pezzo convivono serenamente due anime ben definite e, se vogliamo, complementari: quella pop in stile Missincat e Moscaburro, e quella più indie-folk (accentuata dai fraseggi di violino) che fa pensare tanto a Regina Spektor quanto ai Little Willies di Norah Jones. Nella successiva May non si scorge l’arpeggio che andava invece a caratterizzare proprio Blade Of Grass. Stavolta la partenza manifesta una pennata più disinvolta, mentre nell’inciso c’è la voce di Lepre Gnerre a dare più intensità al tutto. Nella traccia numero tre, ovvero Lying On A Hill, è proprio il frontman dei KamchatKa! (interessantissima rock band capitolina) ad intonare i versi che contraddistinguono un brano davvero fresco e ricco di colori ed armonia. Più scanzonata è forse Tiramisù, in cui è il cantato brillante della Cecchetto che torna ad essere protagonista. Con Let’s Shalalala le pennate si fanno più concitate, in pieno stile country-folk: anche qui, come nel caso dell’opening-track Blade Of Grass, è la presenza del violino a rafforzare una sensazione, un’impressione di questo tipo. Tocca poi a Jenny chiudere con dolcezza un Ep suonato benissimo, che non dà alcun modo di avanzare particolari critiche, tantomeno di individuare possibili punti deboli in grado di lasciare perplessi. Chi adora sonorità dai contorni tenui e luminosi gradirà senz’altro l’indole artistica di questo bel progetto che si spera torni presto a confezionare un vero e proprio album fatto sia di un numero più elevato di canzoni sia di maggior eterogeneità. In ogni caso, meglio di così non si poteva iniziare. Questo è poco ma sicuro.
Articolo del
19/11/2013 -
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