Le presentazioni, o comunque alcuni cenni biografici, sono quasi sempre necessarie in una recensione. Esse diventano poi quanto mai opportune nel momento in cui si sceglie di accendere i riflettori su di un progetto che già da un po’ di anni gravita nel circuito alternativo nostrano ma che, in fin dei conti, non ha ancora avuto modo di imporsi del tutto su scala nazionale. Certo è che gli Autumn Leaves Fall In, per via delle loro favolose sonorità e della non indifferente umiltà che li caratterizza, avranno in futuro buone probabilità di far girare molto di più il loro nome anche oltre i propri confini regionali. Questo validissimo trio, che vede Lorenzo Terreni alle chitarre elettriche, Fabio Melani al basso ed Alessandro Lucarini alla batteria, è in attività dal 2009. Il loro curriculum segnala numerosi concerti tenuti nei principali live club della loro regione (la Toscana), qualche recente trasferta nel Lazio piuttosto che nelle Marche (e non solo), la partecipazione ad almeno un paio di interessanti festival estivi italiani quali l’Epicentro e il Novi Sound di Modena, nonché l’accesso alla fase finale del “Rock Contest Controradio 2011”. Lo scorso 17 gennaio gli Autumn Leaves Fall In hanno rilasciato il loro album d’esordio, un disco molto bello, ben registrato, un disco che porta anche un titolo suggestivo e che, in un certo senso, anche per via dell’emblematica copertina, fa già trapelare ampiamente quelle che sono le sfumature, le principali sfaccettature, presenti al suo interno: ”The Different Visions Of Things”. Nel cd sono presenti sei tracce inedite, tracce sicuramente corpose a livello di strutture e minutaggio, basti pensare che i brani in questione oscillano tutti tra i sei e i sette minuti di durata.
“The Different Visions Of Things”, interamente prodotto dalla band stessa, è stato inciso presso il Folsom Prison Studio di Prato nel 2012. Cosa c’è in questo lavoro? Essenzialmente tanto post rock, un genere che diverse persone iniziano a ritenere ormai inconcludente, saturo, superato e prevedibile ma che, in ogni caso, necessita sempre di un’ottima preparazione tecnica e di una maniacale perizia sonora per risultare convincente ed ascoltabile. E va detto che nel disco tali peculiarità non mancano affatto. E c’è di più: assai importante è qui l’intesa perfetta fra i tre membri del gruppo, così come il pregevole equilibrio strumentale che si scorge con il susseguirsi dei pezzi. Arpeggi e progressioni chitarristiche dal taglio ombroso e bluastro, dilatazioni ammalianti, sospensioni che non sembrano avere cadenze costanti, crescendo sonori straripanti ed efficaci, rimandi a dimensioni boschive nebbiose, nordiche, meridiane ed incontaminate: la sensazione che siano questi gli elementi principali a cui gli Autumn Leaves Fall In non possono rinunciare viene confermata già dall’accoppiata di brani che va ad aprire la raccolta, e cioè Blue Ice Sky e We Were One. Difficile trovare anche successivamente composizioni sottotono all’interno del disco, scritto ed arrangiato con estrema sensibilità da Lucarini e soci.
Ovviamente c’è poco di originale in The Different Visions Of Things, nel senso che qui la band non si è inventata nulla di nuovo, questo purtroppo va ammesso, tuttavia è l’affascinante alchimia di suoni a coinvolgere l’ascoltatore. Insomma: non è il classico album che stanca, anche se poi la linearità e il rigore sembrano essere imprescindibili. Saranno quelle immagini siderali che il trio toscano è riuscito a costruire, saranno le astute dinamiche e i turbinosi intrecci sonori continui ma non del tutto ridondanti: fatto sta che questo Lp piace ed è capace di intrigare attraverso il suo spirito puro e genuino. Poi, certo, dipende sempre da ciò che un ascoltatore pretende dalla musica. Ma questo è un altro discorso, troppo lungo e complesso per essere sviluppato in questa sede. Qui ad essere giudicato deve essere il lavoro della band. Ed è chiaro che a livello di approccio, impegno, buona volontà ed intensità ci siamo. Magari sarà curioso contemplare, nei prossimi anni, una maggiore commistione di generi da parte del complesso fiorentino, oltre che una buona dose di contaminazione, se non altro per scorgere la definizione di un marchio di fabbrica più originale ed unico. Però per tutto questo c’è tempo. C’è tempo per guardarsi intorno e per spingersi oltre. Questa degli Autumn Leaves Fall In è la fase della perdizione, della spontaneità. Ed è giusto che la band ne assapori a fondo tutto il gusto prima di muoversi verso altre direzioni.
Articolo del
10/03/2013 -
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