S’intitola ”Irrelephant?” l’Ep d’esordio del validissimo progetto capitolino conosciuto con il nome di Out Of Place Artifacts. Parte da lontano la storia di questa band, esattamente dal 2005, anno in cui Giorgio e Andrea De Toma, rispettivamente violinista (all’occorrenza bassista nonché seconda voce) e chitarrista, intavolano un preciso discorso musicale con il cantante e pianista Alessandro Cendamo. L’obiettivo di partenza è quello di dedicarsi alla stesura di componimenti strumentali e, in un secondo momento, di lavorare su brani con testi in inglese che possano strizzare l’occhio al ‘chamber pop’ del nuovo millennio con divagazioni indie e post rock per poter poi cominciare a proporli dal vivo. Negli anni immediatamente successivi alla formazione il repertorio comincia ad ampliarsi in maniera considerevole. Nel frattempo, all’interno del gruppo entrano in pianta stabile il batterista Luca Monaldi e il bassista Riccardo De Stefano, in modo tale da poter sistemare una volta per tutte la sezione ritmica e dedicarsi, quindi, a composizioni maggiormente articolate in fatto di strutture ed arrangiamenti. Seguiranno tanti concerti e numerose ore di attenta, lucida, rigorosa e maniacale scrittura. Così si arriva agli ultimi giorni del novembre scorso, esattamente il 26, e alla pubblicazione della prima mini raccolta targata, appunto, “Out Of Place Artifacts”.
“Irrelephant?”, la cui gestazione non è stata poi così breve e fluida come possa sembrare, è interamente autoprodotto. Ed è anche il frutto di una lunga e non semplice scrematura: molte infatti erano le tracce potenzialmente pronte per essere inserite nella prima fatica discografica ufficiale del giovane complesso romano. Le quattro canzoni inedite (Internoise, Vetiver, Full Obsession Of Coffee e Diavoli Nella Polvere) si stagliano immediatamente per via del delizioso taglio indie e, appunto, ‘chamber pop’ che le caratterizza. Si tratta di brani scritti benissimo, lavorati di fino ed estremamente eleganti nella resa globale. L’impronta fortemente angloamericana si respira bene non solo attraverso le liriche, ma anche grazie ad un sound estremamente ricco e variegato. Le canzoni convincono per via di un’indole molto visionaria. L’aspetto piacevole di “Irrelephant?” sta nel fatto che questa piccola raccolta non risulta essere il classico collage di pezzi selezionati senza alcun tipo di logica. Per l’occasione si è scelto di impostare la tracklist in maniera coerente e ponderata. D’altronde il disco, come già anticipato, è costato diversi mesi di accurata lavorazione da parte del gruppo, volenteroso di proporre qualcosa che fosse in grado di rappresentarlo a dovere. Tutto ciò ha comportato una pressoché spontanea perizia durante le fasi di registrazione. E in effetti si nota una cura particolare per i suoni, specialmente nelle fasi strumentali dei pezzi, del resto al suo interno non sono soltanto il cantato e le liriche a padroneggiare: c’è grande spazio per la musica. E il fatto stesso che le tracce si concludano spesso e volentieri con delle sontuose code strumentali la dice assai lunga. Interessanti sono poi i dialoghi continui fra le chitarre elettriche e il violino. Poco invadenti, e assolutamente deliziosi ed opportuni, i fraseggi di pianoforte che vanno a dare quel tocco in più di poesia a delle canzoni già abbastanza ammalianti e intense di per sé. Capita di trovare dei costanti rimandi a rinomati progetti d’Oltremanica e d’Oltreoceano come Arcade Fire, Neutral Milk Hotel, R.E.M. (specialmente in Diavoli Nella Polvere) e The National. Si scorge la loro influenza, eppure la personalità e l’originalità degli Out Of Place Artifacts non sembrano comunque mai venire meno. Difficile trovare in questo Ep brani meno riusciti di altri: è la compattezza il punto forte di questo gruppo.
Articolo del
03/03/2013 -
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