Alle mura del Folkstudio di Roma cresce e matura il cantautore che dalla capitale sforna per la seconda volta un’opera fragrante e profumata che chiama ”Novembre”. Con questo disco Massimiliano D’Ambrosio propone al panorama italiano della musica dei cantautori, un prodotto che sa di artigiano genuino per il quale sceglie solo gli ingredienti migliori. Il secondo disco che mette insieme è ispirato e intenso e suonato con ottimi musicisti che danno alle varie tracce ulteriore spessore. Ascoltandolo si sentono subito i numerosi riferimenti con i quali si è ‘cibato’ e che plasmano la sua poetica; tra tutti non sfugge Fabrizio De Andrè. Certo il paragone è altissimo e forse potrebbe risultare imbarazzante oltre che lusinghiero. Ma dalla musica e dalla scrittura di D’Ambrosio si levano numerosi echi a Faber, talvolta nella musica, oppure nell’approccio della sensibilità e nelle suggestioni delle parole. Sono fortissimi i rimandi ai suoni mediterranei, gli approcci alle marce o alle filastrocche, che si ritrovano in Rosa, Aprigli La Testa, I Re del Mazzo. Omaggi e citazioni, oltre a Fabrizio, sia in musica che in parole, vanno a Borges, Lorca, Sanguineti, Cummings.
L’apertura del disco è affidata a La Ballata delle Donne, un brano di grande poesia fatto ‘a quattro mani’ a partire dalla penna di un grande poeta italiano del Novecento, Edoardo Sanguineti. L’arrangiamento musicale la rende una bellissima ballata di sapore classico nella quale volteggia un’atmosfera nostalgica e malinconica sulla scia dei grandi autori folk, grazie alla presenza di fisarmonica e violino. La segue, centrando ancora il bersaglio, (è il caso di dirlo), Lettera dalla Palestina. E’ un racconto drammatico, il cui approccio nascondeva le insidie della retorica e della banalità; invece nei toni cupi, amplificati dalla presenza del corno francese, viene dilatata la drammaticità del testo che poeticamente narra della quotidiana tragedia che si consuma in terra di Palestina. Il risultato è sorprendente e il testo ti gira nella testa con le sue immagini che vorticano come foglie secche al vento.
D’Ambrosio anche nel resto del suo album raggiunge una comunicazione poetica molto forte, restando in ambito di racconti drammatici e che imbarazzano quella che si vorrebbe chiamare società ‘civile’: in Scese Lenta l’Ultima Neve, lenta appunto, e densa, porta in musica la tragedia di Stefano Cucchi. La forza di questo brano sta soprattutto nella scrittura: senza didascalie da lezioni moraliste, la sua intuizione e partecipazione all’evento, trasmette uno sguardo che permette di vedere tutto senza dire, con un arrangiamento davvero molto bello. Ispirato da Borges concretizza, in maniera semplice e superba un’intuizione nel brano Jesus, col quale umilmente, ma egregiamente, si confronta con la vita di Gesù; lo fa con grande semplicità e delicatezza, misurato approcciando il mistero che porta con sé la figura del grande rivoluzionario di Nazareth, che nel brano ‘canta’ in prima persona. Non sono da meno La Sfida, ancora una volta lento ed evanescente, arricchite nelle sfumature dalle due apprezzatissime performance musicali del violino e mandolino. Infine, il brano che dà il nome all’album, Novembre: con un delicato arpeggio propone un susseguirsi di flash back della vita di D’Ambrosio. I numerosi rimandi a De Andrè si palesano nell’accorato omaggio di un reggae lento impreziosito dai suoni del violino, che intitola Requiem. Anche qui senza pretese, ma sincero e genuino. Novembre è davvero un album molto interessante, poetico ed evocativo, che nel panorama del cantautorato italiano attuale lascia il segno in chi scrive e la soddisfazione dell’ascolto, in attesa del prossimo.
Articolo del
25/09/2012 -
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