Sono davvero pochi i gruppi che al proprio esordio presentano una personalità così marcata come quella messa in mostra da Le Maschere di Clara. Il trio veronese, al debutto discografico con questo “Anamorfosi”, dimostra infatti di aver già raggiunto la propria maturità, sia stilistica che musicale, forgiando una formula sonora tanto personale quanto intrigante. Riuscire ad amalgamare in un unico continuum sonoro musica classica, progressive, noise e psichedelia, non è certo impresa facile, ma i nostri sono riusciti egregiamente nel loro intento. La loro formazione classica è infatti solo il punto di partenza per una digressione musicale tra divagazioni psichedeliche, reminiscenze dark e squarci noisy. Vero elemento caratterizzante della loro proposta musicale è senza dubbio il violino, suonato peraltro con maestria da Laura Masotto, il quale assurge a vero ed unico motore melodico del trio, squarciando con lancinanti assoli l’impianto ritmico creato dal basso di Lorenzo Masotto e dalla batteria di Bruce Turri. Sintomatico di quanto detto poc’anzi è l’opener “23.23”, strumentale tra stacchi e ripartenze, dove troviamo una magmatica sezione ritmica, e il violino che si libra fiero e maestoso. Tenebrosa e oscura è invece “Habanera”, dalle claustrofobiche atmosfere quasi noise, con la voce di Lorenzo Masotto che si fa rabbiosa ed al limite dell’urlato. Atmosfere che pervadono anche la successiva “Acheronte” e lo strumentale “Piombo”, nei quali troviamo anche la chitarra di Nicola Manzan (aka Bologna Violenta), a rinvigorire ulteriormente il muro sonoro eretto dai nostri. “L’Essenza” trova invece le sue radici nel rock anni settanta di stampo progressive e pare arrivare da “Sea Shanties”, piccolo capolavoro musicale a marchio High Tide. La cervellotica “Venere” dal canto suo non avrebbe sfigurato in un disco dei Primus, tanto la sezione ritmica è in questo frangente debitrice della lezione impartita da Claypool e soci. Il pianoforte ci riporta verso lidi musicalmente più colti, tessendo la melodia di “Apidistra” e della conclusiva “Vienna Dorme”, creando una sorta di eterea e soffice oasi prima che il trio si avventuri nuovamente verso derive psichedeliche. Ideale summa sonora dello stile dei nostri è però “Sonata in Re Minore”, capace di inglobare al proprio interno tutti gli elementi precedentemente descritti, per quello che rimane il picco compositivo dell’intero lavoro. Unico appunto che mi sento di fare ai veronesi è forse l’eccessiva prolissità di alcuni brani, che seppur segno di una vulcanica ispirazione, rischiano di penalizzare in parte l’ascolto dell’album. Un peccato sicuramente veniale quest’ultimo, che non inficia in alcun modo la cristallina bellezza di “Anamorfosi”. Un esordio, come si suole dire in questi casi, al fulmicotone quello de Le Maschere di Clara, nonché il primo passo di quello che sicuramente sarà un futuro radioso.
Articolo del
02/12/2011 -
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