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KamchatKa!
Il Mio Nirvana
2011
Kiu-Kiu
di
Alessandro Basile
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LP d’esordio per i KamchatKa!, power trio capitolino che vede Alessandro Lepre Gnerre alla voce e alle chitarre elettriche, Andrea Bucci alla batteria e Manuel Tevar Sanguigni al basso. Attivi da diversi nel circuito laziale, con il loro primo album (in uscita per l’etichetta indipendente Kiu-Kiu) i KamchatKa! hanno tutte le carte in regola per ritagliarsi l’attenzione che gli spetta ora e negli anni a venire. Un disco registrato e mixato da Massimiliano Moccia al Red House Studio di Senigallia – ad eccezione del brano omonimo, inciso invece al Blue Record Studio di Mondovì – e masterizzato da Carl Staff nel suo quartier generale di Chicago. Presentato lo scorso 23 settembre presso il live club Le Mura davanti ad un pubblico gremito di sostenitori e addetti ai lavori, “Il Mio Nirvana” racchiude nove brani inediti farciti di tanto rock unito a continue scorribande soniche, dove non mancano echi prettamente grunge, per oltre cinquanta minuti totali di musica graffiante. Un sound cupo il loro, efficace e distorto al punto giusto come vuole la tradizione. Un rock soprattutto pratico e violento, senza tanti giri di parole. Il tutto sostenuto da un suono che, nella sua globalità, risulta tosto, compatto e all’altezza grazie all’equilibrata distribuzione degli strumenti. Pezzi dotati di grande istintività, che vanno al sodo e con una chiara impostazione statunitense che si delinea in maniera più evidente quando l’intensità aumenta e i brani tendono a dilatarsi. Al resto ci pensano piogge di riff accattivanti e di progressioni insistenti volte a sorreggere liriche in italiano spesso tendenti ad evocare immagini e sensazioni ai limiti del surreale, proprio come accade nella title track che va ad aprire la raccolta. Del resto, come si denota anche dalle illustrazioni allucinogene presenti sulla copertina e all’interno del booklet (un po’ in stile Radiohead e Butthole Surfers), il disco sembra essere sporadicamente attraversato da sottili aloni psichedelici. Testi vomitati – con molta probabilità – di getto, spesso ermetici grazie a strofe concise e lontane anni luce dalle prevedibili strutture canoniche della limitata forma canzone, pronti a lasciare volentieri spazio a lunghe digressioni sonore lisergiche che scaturiscono a più riprese. Si raccontano dilemmi ed incertezze, sensazioni e fastidi in una chiave molto diretta e, alle volte, oscura. Si denunciano i disappunti suggeriti da un presente e da una realtà talvolta contorte e non sempre comprensibili. “Il Mio Nirvana” contiene tutto quello che la band aveva da dire, almeno fino ad oggi.
Articolo del
11/10/2011 -
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