Ci si diverte dall’inizio alla fine. Alternando momenti che cavalcano il burlesque, frangenti assai più intensi e sfruttamento intensivo di luoghi comuni a fini parodistici ed ironici, ma con stile. Questi sono forse gli unici punti fermi. Per il resto, “Un’ottima annata” – pur nella sua totale scontatezza di genere – spiazza nei nomi e nel lavoro di chi ci sta dentro: nell’assolata regia di Ridley Scott – amante della Provenza e fraterno amico di Peter Mayle, autore del romanzo “A Good Year” -, uno abituato a farci rabbrividire nell’umida oscurità di “Blade Runner”, “Alien” e nel sudore e sangue de “Il gladiatore” o di “Soldato Jane”. Uno insomma che non lavora con Boldi e la Santarelli. Ed anche nell’interpretazione – ancora una volta assai convincente – del suo pupillo Russell Crowe, che si conferma interprete versatile e credibile. Nei panni di uno spietato broker della City l’occhialuto e scapigliato Max Skinner si ritrova catapultato in Francia, dove scopre di aver ereditato dall’amato zio Henry – col quale da bambino aveva trascorso estati indimenticabili ma che non sente da anni – la notevole proprietà comprendente palazzo e vigneto. E come in una specie di favoletta alla Willy Wonka campagnolo, il Cuor di pietra Famedoro londinese, partito con l’intenzione di sbarazzarsi rapidamente della proprietà, finisce col cadere con tutto il cappello nel fascino del sole francese, del vino e soprattutto della commovente Marillon Cotillard, che lo convinceranno a cambiare decisione. In mezzo – fra accelerazioni manierate, sequenze di puro divertissement e telefonini che squillano incessantemente – i frequenti flash-back in cui ricompare lo zio Henry, donnaiolo e viveur di grande esperienza, e soprattutto il buon lavoro fatto sui personaggi che popolano la vicenda assieme al protagonista: il vignaiolo-filosofo che cita Proust e nasconde in cantina le bottiglie di un vino pregiatissimo e leggendario ed un grasso e magnifico Albert Finney nei panni del leggendario zio su tutti. Poi l’amico avvocato-tontolone, la figlia illegittima di Henry scappata fuori di punto in bianco, la fetish-segretaria e la magnifica e burbera locandiera del paese, Marillon Cotillard (vista in “Taxxi 2”), che aggancerà Skinner convincendolo a mollare tutto a Londra e quasi a reincarnarsi nello zio Henry. Direi che il vero film di questo Natale 2006 è questo di Scott: nel senso che è un lavoro dignitosissimo, quasi un passatempo di un regista più spesso impegnato in produzioni megagalattiche. Eppure funziona alla grande, oltre ogni aspettativa: certo è cretinetto, scontato. Una favoletta ben raccontata, manierata e terribilmente preda di luoghi comuni: però “gira”, in certe scene si ride a crepapelle, gli interpreti sono credibili e “giusti” per le loro parti ed oltre tutto a volerla trovare c’è anche la solita, ma mai inutile, morale del “fermatevi un attimo e godetevi la vita”. C’è un bell’attore, una gran bella donna, il fascino (un po’ annacquato e visibilmente sulla scia di commedie come “Sideways”) del nettare degli Dei, una trama che regge ed un intreccio gradevole, una soundtrack frizzante e tanti piccoli - sebbene strumentali – colpi di scena. Cosa volere di più il 24 dicembre, per chi desidera glissare con classe – senza dunque farsi tacciare di oscurantismo librario – gli stomachevoli ed ammuffiti cinepanettoni?
Articolo del
31/12/2006 -
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