“Aria, Acqua, Terra e Fuoco. Quattro nazioni coinvolte in una guerra brutale, inaugurata dalla Nazione del Fuoco. Dopo un secolo di combattimenti, si è persa ormai ogni speranza di porre fine a questa ondata di distruzione. Ma il coraggioso Aang (Noah Ringer) scopre di essere l'unico Avatar con il potere di dominare tutti e quattro gli elementi. Insieme a Katara (Nicola Peltz), una Waterbender, e suo fratello Sokka (Jackson Rathbone), Aang cercherà di ristabilire l'equilibrio in questo mondo dilaniato dalla guerra. Basato sulla popolare serie televisiva animata di Nickelodeon, il film live-action L'Ultimo dominatore dell'aria è il primo capitolo che racconta la lotta di Aang per la sopravvivenza.” (Riassunto tratto dal sito www.comingsoon.it)
Perché non inserire io stessa un riassunto di uguale efficacia? Perché non ne ho cuore, è questa la verità. Non si dovrebbe mettere (troppo) del proprio in una recensione, sarebbe meglio rimanere imparziali, ma quando il regista che ha segnato la tua tesi di laurea e anni della tua vita intellettual-cinematografica impazzisce non è sempre così facile.
Shyamalan è (stato) uno dei registi più acclamati, criticati, geniali e semplicemente affascinanti degli ultimi dieci anni; undici, considerando il debutto con Il Sesto Senso, 1999. Quel suo secondo film (primo che lo lanciò al successo) è stato ed è una pietra miliare per lo studio del cinema così come per il pubblico: ancora oggi si può sentire in giro la frase “io l’ho capito subito”, oppure la multi-spooffata “vedo la gente morta”. E questo è solo il successo di pubblico; poi c’è la tecnica, lo stile, la fantasia. Shyamalan è, in breve tempo, diventato un fenomeno, è diventato ”Un film di M. Night Shyamalan”.
Ecco, adesso prendiamo tutta questa introduzione e buttiamola via.
The Last Airbender è un’oscenità assurda e gigante nella piccolezza della trama e della realizzazione. Tutto ciò che di bello si poteva trovare nei film di questo strano regista è solo un ricordo, un solletico percepibile nella pura tecnica, ma come fosse messa in piedi da un discepolo poco avvezzo e non dal “maestro” che ha la firma sulla regia e sulla sceneggiatura. Questo film è un'accozzaglia di tematiche che potrebbero ricordare il senso di Shyamalan, di inquadrature che forse potrebbero essere sue. Tutto è eccesso di moralità e bontà campate per aria, plot semplice e scontato, twist assurdi e, allo stesso tempo, ugualmente scontati. Il 3D è la ciliegia appassita che sancisce la perdita di senso a favore della commercializzazione di questa torta stopposa a rancida.
VOTO: 0/5
Articolo del
28/09/2010 -
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