Gianfranco Franchi, animatore del portale di comunicazione letterari e spettacolo Lankelot, mette a segno un bel colpo: scrivere un libro sui Radiohead che avrà più di qualcosa da dire e insegnare anche all’estero, cosa che praticamente non accade mai alla critica italiana che si occupa di artisti stranieri, condannata all’estero-dipendenza per forza di cose.
Studio esaustivo sui testi della band di Oxford, questo “Radiohead. A Kid” ha innanzitutto il merito di sfatare la leggenda che gli argomenti principe delle liriche di Thom Yorke siano la paura e la fascinazione per il suicidio. Certo, nessun “Ballo del qua qua” da queste parti, ma perlomeno la questione è più complessa: preoccupazione combattive per il futuro della specie e del pianeta, ossessioni e sensi di colpa privati, canzoni d’amore per l’adorata Rachel, fantasmi, demoni, entità soprannaturali, combattive tensioni ambientaliste al limite del no global (limite mai varcato, sia chiaro). Il merito di Franchi non è però questo: si trova altrove, nell’indagine certosina sulle influenze letterarie di cui i testi di Torke sono intrisi: la saga della “Guida galattica per gli autostoppisti” di Douglas Adams, Thomas Pynchon, il “Libro tibetano del vivere e del morire” di Sogyal Rinpoche, Kurt Vonnegut, Will Hutton, George Monbiot in primis. State facendo “oh!” come i bambini e i vecchietti? Ci credo: tutti autori non esattamente popolarissimi dalle nostre parti. Ma Franchi, che si è dedicato anema e ’ccore per un anno intero alla stesura del libro, ha rincorso tutte le tracce disseminate dai Radiohead in canzoni, copertine, siti internet, forum, interviste: qualsiasi cosa. Poi, certo, trovate anche George Orwell, Lewis Carrol e l’“Apocalisse” di San Giovanni, per dire. Si scoprono così sottotesti che aggiungono significati e risvolti imprevedibili, a volte imprescindibili perché essi stessi fanno il senso principale della lirica in esame. Le interpretazioni di Franchi sono quasi sempre rigorose e fondate su dichiarazioni (o sulle famose tracce) rilasciate da Yorke e compagni, tranne in qualche caso: con molta onestà l’autore però avverte sempre che ci si sta avventurando in una congettura personale, non suffragata da riscontri. Che spesso vengono individuati anche grazie al raffronto con testi di B-side o outtakes di brani composti nello stesso periodo o aventi per oggetto lo stesso argomento, spingendosi fino a prendere in esame le composizioni pre-Radiohead (spesso poi, però, confluite nella produzione della band). Franchi disegna un ritratto di Yorke poliforme: combattente polemista, androide paranoide, beffardo imbroglione, intellettuale tutto casa e famiglia (magari con qualche ombra), folletto dispettoso. E, lungi dall’essere agiografico (e sia benedetto per questo), non esita a saccagnarlo di botte quando a suo giudizio Yorke non raggiunge il livello estetico minimo (ad esempio, giudica “A Punch Up At A Wedding”, da “Hail To The Thief”, “la peggior canzone in assoluto dei Radiohead”, un “aborto”: e dire che non è poi così male, secondo me...). Tuttavia, qualche pecca esiste: nell’analisi di “Kid A”, Franchi promette di rintracciare nei testi dell’album la storia dell’eponimo primo ragazzo clonato, ma poi si perde, o la lascia così sottintesa che a perdersi è il lettore, che, tranne in un paio di occasioni, si chiede che fine abbia fatto “Kid A” in “Kid A” (scusate il gioco di parole). Franchi poi verrà bastonato sulla pubblica piazza per l’imperdonabile svista che a pag. 249 gli fa dire che il prescindibile “Slave To Love”, 1985, primo singolo della carriera solista di Brian Ferry, sarebbe in realtà il primo 45 giri dei Roxy Music, che invece è l’immortale “Virginia Plain”, agosto 1972!!!
A parte una tirata che sa di personale contro la legge Basaglia e qualche antiamericanismo barricadiero, le pecche finiscono qui. E il libro resta una pietra miliare nella letteratura sui Radiohead, imprescindibile per chiunque ami la band. Scritto pure con piglio disinvolto, il che alleggerisce di molto il peso delle 448 paginette che lo compongono. Completa il volume l’elenco dei libri, programmi radio e tv, film e dischi che hanno ispirato i Radiohead. Che volere di più?
Articolo del
17/07/2009 -
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