Aprirsi senza aver paura di togliersi di dosso l’armatura che la vita ci costringe ad indossare non è affatto semplice. “Una Storia Tipica Italiana” è il percorso di un uomo che ha trovato nella musica la via per raccontarsi, tenendosi a distanza da scorciatoie e tematiche facili da digerire. Se siete alla ricerca di qualcosa di nuovo e privo di filtri, vi consiglio di dare una possibilità alle sette canzoni composte dal sardo Raffaele Pillai
Non è raro discutere, in seno ad una band, su quale sia il pezzo giusto per aprire un disco, ma, nel caso di Raffaele, non credo ci sia stato questo problema. “Ipnotica”, di nome e di fatto, è la canzone scelta per aprire le danze e, secondo il mio parere personale, non poteva esserci decisone più ovvia. Fin da subito capiamo di essere davanti ad un pezzo che in sede live, e non solo, provocherà non pochi dolori al collo di tante persone. Pillai si dimostra subito un performer dotato di ottime capacità vocali e di una espressività eccellente.
Avremo a che fare con un lato più cupo e introspettivo durante l’ascolto di “Una Storia Tipica Italiana” ma, per il momento, è giusto godere di questa sana cattiveria. Non vedo l’ora di essere sotto al palco quando, al minuto 2:08, partirà un assolo che fa male come un pugno nei denti. Erano anni che aspettavo, nell’ambito del rock italiano, una bordata del genere.
Raffaele Pillai decide di darci la possibilità di riprendere fiato con “Dolce Madre” ma, il cambio di atmosfera, non interrompe il flusso di emozioni. L’addio, il bisogno di sentirsi amati e al sicuro, uniti alla consapevolezza che il futuro può essere più incerto che mai quando si decide di inseguire i propri sogni, ci fanno immergere nella profonda “Dolce Madre”. Struggente e commuovente, ecco alcune delle sensazioni che il pezzo riesce a trasmettere. Il tutto viene sottolineato da una chitarra che si fa portatrice di lacrime e da una seconda voce così ricca di una espressività che non percepivo dai tempi di Omar Pedrini e Francesco Renga nei Timoria.
La partenza è stata di tutto rispetto e il proseguo non farà che consolidare la solidità del lavoro di Raffaele Pillai. La grinta e l’introspezione lasciano il passo ad una follia consapevole e alla paranoia. Sempre a cavallo di sonorità rock di metà anni novanta, ci ritroviamo invischiati nelle scivolose strade di “Paranoica”. Un istrionico Pillai ci racconta, dopo essersi messo le vesti di un instabile menestrello, ciò che la vita, nella sua inarrestabile corsa, può provocare nella coscienza umana. Nelle anime più sensibili possono nascere pensieri profondi che spesso finiscono con lo scontrarsi con le banalità della società, rischiando di far perdere la bussola anche a chi era convinto che nulla sarebbe mai riuscito a portarlo fuori strada. Tra assoli che riportano a mostri sacri dell’Heavy Metal e fraseggi molto vicini allo stoner, assistiamo al nascere dei conflitti interiori che sfociano nella ribellione del proprio essere. L’assolo finale sembra tradurre in musica tutta la paranoica pazzia che questa canzone incarna nella sua essenza.
La follia si affievolisce ma non si può dire lo stesso per il senso di colpa e il conflitto interiore. Chitarre acide e una batteria portatrice di tempesta aprono la quarta traccia di “Una Storia Tipica Italiana”. “Il Richiamo” dà voce all’oscurità interiore, ai secondi che precedono la firma della resa e al preludio che porta alla fine. La vita insegna che non sempre tutto va come vorremmo ma, quando meno ce lo aspettiamo, e spesso nei momenti più impensabili, qualcosa viene in nostro soccorso, mostrandoci quello che non siamo ancora riusciti a vedere fino a quel momento. Dite che la fine può attendere?
Dopo la tempesta e una corda appesa da tirar giù, cosa ci attende? Chiaro, il sole. Facciamo i bagagli e partiamo con Raffaele diretti a Sud, perché, ve ne accorgerete presto ascoltando “Il Custode”, all’improvviso è tornata l’estate. Il calore del Sud ci accoglie nel suo grande abbraccio e, una volta che la nave è arrivata al porto, Pillai ci racconta la storia di un uomo, scorto tra la gente, che, molto probabilmente, era stato importante nel suo passato.
Il sole, quanti ricordi ci regalano le giornate a cui lui riesce ad infondere tutta la sua luce, quante emozioni riemergono dal profondo. “Una Storia Tipica Italiana”, brano che dà il titolo al disco, è una rock ballad che cerca di raccontare, attraverso la malinconica poesia di due cuori innamorati ma troppo diversi tra loro, cosa sia l’amore. L’emozione che il sound riesce a trasmettere è proprio quella cercata da Pillai, la delusione provocata dall’ennesima occasione persa. Ancora una volta, l’assolo finale, riesce a farmi venire la pelle d’oca, cementando, dentro di me, la convinzione di essere all’ascolto di una futura gemma live.
Faccio un respiro profondo e mi sento sinceramente dispiaciuto per essere arrivato in fondo all’ascolto di “Una Storia Tipica Italiana”. Signori e Signore, cosa può esserci di meglio se non un bel tributo alla musica che tutti noi amiamo? Raffaele Pillai chiude celebrando il Rock And Roll con il bastone e la carota. “Rock ’N’ Roll Italian Jump” è una legnata degna dei Litfiba dei tempi d’oro e Pillai si congeda chiudendo il cerchio attorno a canzoni che meritano di farsi conoscere dai fan di quel Rock italiano che ha tanto bisogno di nuova linfa vitale
Articolo del
19/11/2017 -
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