È finito il tempo in cui “lo-fi” voleva dire “un tipo di produzione musicale povera e realizzata utilizzando strumenti carenti”. Dare del lo-file ai Black Tail è come dare degli indie ai Rolling Stones, eppure è così che vengono catalogati gruppi come I Cani, Iosonouncane, Motta e compagnia bella. È un fatto di moda.
Cristiano Pizzuti e Roberto Bonfanti, in arte Black Tail, al contrario hanno buoni strumenti e un considerevole studio di registrazione, oltre al fatto di affidarsi ad un’etichetta (Miacameretta Records) che sta facendo il boom di rock band italiane e non, che se la spassano tra funky, alternative, progressive, shoegaze e psichedelico.
Cultori del rock in tutte le sue declinazioni. Dopo il primo album datato 2015 e dal titolo Springtime, di un’efficacia che a tratti rimanda a Blur e Radiohead, questo secondo lavoro prosegue il discorso per portarlo a nuovi livelli di profondità. Nasce così One Day We Drove Out of Town. Ognuna delle nove tracce è un’ispirazione per chi desidera evadere dalla propria opprimente routine.
Il titolo, del resto, ripreso nel testo di “A fox”, dice quasi tutto: “un giorno andrò via da questa città, andrò via dall’ufficio, dalla scuola, dalla monotonia, scapperò ad esplorare vulcani spenti, boschi, periferie sconosciute, vagherò per le strade bruciate dal folk”. Ma non vi è tristezza in tutto questo. Al contrario, nell’aria brucia l’ardore di una promessa, sia nei testi che nelle sonorità allegramente folk rock, con spruzzate di country e derive di Beatles e The Kinks, uno dei gruppi più influenti della british invasion anni Sessanta.
One Day We Drove Out of Town è un disco per chi non ha smesso di sognare, per chi ancora ci prova, per chi ha la testa dura, per tutte quelle persone a cui mai e poi mai leverai il sorriso dalla faccia. Ed è il sorriso che sa donare quest’album colmo di immagini pittoresche e raggianti. Ieri ha piovuto molto, ma oggi splende il sole
Articolo del
24/03/2018 -
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