Come per ogni disco dei Folkstone, prima di spingere il tasto play, bisogna essere pronti a fare i conti con le proprie emozioni. Ossidiana, nuovo album della band bergamasca, non fa sconti. Dopo esserci rialzati ci rendiamo conto di essere stati catapultati in un posto che non ci appartiene, tra strade polverose, brulicanti di indifferenza e inganno. L’aria che si respira è un po’ quella della New York di metà ottocento, dove le gang si contendevano il dominio sulla città.
Questo è l’immaginario che ci regalano fin da subito le note di Pelle e Rum, come se, la band, un po’ in disparte, ci stesse aspettando seduti sul marciapiede. Le opzioni sono poche, non possiamo far nient’altro che scrollarci di dosso la polvere, cercare una locanda per un goccio veloce, e accettare la scommessa che ci propongono Lorenzo Marchesi e il resto del gruppo. Chitarra pesante e veloce, unita a cittern e cornamuse ci danno solamente un piccolo indizio riguardo a quello che sarà il proseguo dell’album e, di fatti, con Scintilla, scivoliamo via da quelle strade prive di giustizia e ci ritroviamo avvolti da un pezzo in puro stile Folkstone dove, la potenza di Bonometti alla chitarra, la precisione del duo Maffei e Sala, basso e batteria, si incastrano con le cornamuse del quartetto Rota, Frigeni, Cardullo e Locatelli, lanciando Marchesi che, con la sua voce dannatamente inconfondibile, proclama le volontà di un uomo che non ha nessuna intenzione di farsi da parte.
Proprio come l’ossidiana, anche i Folkstone si trasformano nel corso del ciclo vitale di quest’album, regalandoci perle dal profumo orientale, illuminate dalla luce delle stelle e scandite da calorose percussioni, come Anna, che vede l’entrata in scena della dolce voce di Roberta Rota unita a quella di Lorenzo nella parte iniziale del brano. Lasciamo il sogno per rituffarci nella realtà e, ancora una volta, con le parole di Psicopatia i bergamaschi si confermano paladini della purezza e integrità d’animo, elementi latitanti da troppo tempo nella coscienza umana.
Musicalmente abbiamo una dolce potenza che mitiga l’asprezza del testo, il flauto e le cornamuse è come se avessero voluto lasciare una possibilità al cambiamento. Poco prima si parlava di perle e qui abbiamo la prova del fatto che i Folkstone non hanno mai paura di osare. Lasciando da parte per un attimo tematiche ruvide e più che mai attuali, con Asia ci ritroviamo proiettati in un viaggio attraverso un continente che ancora ci regala sorprese. Raccontato con parole al miele e palpabile meraviglia, estrema positività e fierezza, il gruppo, non discostandosi troppo dal suo tipico sound riesce a farci percepire le mille sfumature dell’arte orientale utilizzando al meglio gli strumenti a propria disposizione. Con il trittico Scacco al Re, Mare Dentro e l’introspettiva E Vado Via, spinge forte il tema del passato più recente e il bisogno di ripartire nonostante sia intrinseca la consapevole paura di dover lasciare andare qualcosa. “Mare Dentro” e il suo inizio struggente, arpeggi leggeri sovrastati dal disincanto della voce di Marchesi, ti fanno nascere dentro la voglia di appoggiare la mano sulla spalla del protagonista della storia e dirgli che va tutto bene ma, purtroppo, non è possibile. Questa volta anche le chitarre non lasciano speranza e, potenti scandiscono il tempo che lo dividono dall’addio.
L’esplosione dell’assolo riporta a Power Ballad di ottantiana memoria, donando un tocco di rock classico ad un brano che in sede live risulterà di incredibile impatto, proprio come la successiva E Vado Via, un dilemma interiore impreziosito dalla bellissima voce di Roberta che fa sempre da ottimo contraltare a Lorenzo. Istantanea è la perfetta fotografia del passato ed ognuno è libero di dargli il significato che ritiene più giusto. In questi anni così difficili, molti di noi hanno fotografie ingiallite di momenti che non torneranno ed i Folkstone sono riusciti a creare la colonna sonora perfetta per un momento così personale.
Se con Supernova torniamo nuovamente a sederci attorno ad un fuoco a guardare il cielo e ombre danzare, con percussioni e cittern a farla da padrone, cercando risposte che potrebbero arrivare dall’alto, Diritto al Petto spezza l’incantesimo spogliando il sound dei Folkstone di molti dei suoi elementi, regalandoci un rock grezzo e minimale, quasi grunge, comandato dalla voce di Roberta che si prende la scena lasciando un segno indelebile. Sabbia Nera è veloce e affamata, e riporta il treno Folkstone a correre veloce, tirando bordate senza remora verso la società. Dicono che tutte le belle cose prima o poi finiscono ma, io, non ci credo, e voglio vedere in Ossidiana la canzone che dà il titolo, e che lo chiude, all’album, un meraviglioso pezzo con cui finalmente ci si può togliere l’armatura che la vita di tutti i giorni ci obbliga ad indossare e per lasciarci andare tra le braccia di qualcosa e di qualcuno che davvero può tenerci al sicuro.
Che dire, anche questa volta ho fatto i conti con le mie emozioni. I Folkstone sono riusciti a dipingere il quadro perfetto, sentimenti di rabbia e amore mescolati insieme, potenza e dolcezza per un album che resterà nel cuore di chi lo ascolterà. Una delle più belle realtà rock italiana si conferma ancora.
Articolo del
10/11/2017 -
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