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Zolle
Infesta
2017
Subsound
di
Valerio Di Marco
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Lard-rock, con i due maialini in copertina ad ammiccare. E' il genere lanciato dai Zolle a mezzo di questi nove brani strumentali, deflagranti nella loro potenza e prepotenza.
Trattasi di un duo heavy-rock del lodigiano formato da chitarra (Marcello Bellina) e batteria (Stefano Contardi). Immaginate i Kyuss e i White Stripes insieme nella stessa stanza, ma prendete solo la sei-corde dai primi e le pelli dai secondi.
Il terzo lavoro dell'ensemble è un frullatore dove però a infilarci le dita si gode. Non c'è un attimo di tregua. Le schitarrate stoner sono accompagnate da una batteria ai limiti dell'odio iconoclasta, del nichilismo puro. Tutto però segue una metrica precisa, perchè non c'è caos senza ordine di fondo. E il retrogusto DIY delle incisioni in garage concorre a confondere le acque, suggerendo 'improvvisazione' dove improvvisazione non c'è. Anzi.
Loro per descriversi usano la metafora di una mucca che defeca, ma in realtà la merda è di casa altrove. Anche perché Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Teatro degli Orrori, Zu) non è di quelli che si trattiene volentieri a casa di qualcuno quando sente puzza provenire dal bagno. Figurarsi accettare di sedere dietro la consolle se i "committenti" non lo convincono appieno.
La maggior parte dei pezzi di Infesta non tocca i tre minuti, solo Brasathor (di poco), Magnum e la conclusiva Undoom vanno oltre, col risultato che il lavoro sembra un flusso incessante dove ogni brano è diverso dall'altro ma tutti concorrono alla definizione di un disegno superiore. La qualcosa è appannaggio solo dei migliori
Articolo del
13/07/2017 -
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