Nel lavoro d'esordio di Lorenzo Ugolini, in arte Hugolini, ha suonato una carovana di gente. E si sente. Ci sono anche i Forrò Mior, un originale quartetto italo-brasiliano.Quel che più importa, però, è che a benedire il tutto in cabina di regia è stato Enrico “Erriquez” Greppi dei Bandabardò, quindi sulla qualità non si dovrebbe discutere.
Ugolini non è un conte ma un musicista, produttore e operatore culturale attivo a Firenze che per questo album ha viaggiato tra Bastia, Marsiglia e il Brasile alla ricerca di suoni, umori, ispirazione. Da ogni tappa ha preso qualcosa. Ecco perché suona così variopinto. Del resto la copertina è già una dichiarazione d'intenti giacché la varietà di generi e stili incisi sul supporto riflettono i mille colori dei fiori in cover su cui si staglia il profilo del Nostro.
La particolarità è il mix tra pop e suoni tropicali elaborati da un lato con strumenti folk come banjo, ukulele, chitarre acustiche (ma anche pandeiro, cavaquinho, zabumba.....non ho la più pallida idea di cosa siano ma i nomi già rendono l'idea), e dall'altro in chiave elettronica. Il risultato non è malaccio.
Si va dal samba “fisarmonicato” di Semaforo alla tradizione francaiseLa Java Del Pavone, dal pop cantautorale che cita Gazzè e Bersani di (La Sua) Rivoluzione a quello synth mondialista che cita Battiato di Damasco, dal cantato quasi hip-hop alternato a un ritornello quantomai solare di Non Andiamo D'Accordo allo swing declinato in forma etno di Leggerezza.
Ecco, leggerezza. E' questa la chiave per approcciarsi ad Hugolini senza farsi troppe domande. Se parti che non hai particolari pretese di profondità, intimismo, empatia, questo disco può anche finire col piacerti. Gli ingredienti sono disimpegno, effervescenza, allegria, sorrisi: d'estate va bene così, dai, a patto che dopo le vacanze la musica cambi
Articolo del
01/07/2017 -
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