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Mòn
Zama
2017
Urtovox
di
Ida Stamile
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C'è una leggerezza elegante e fresca, un tocco dolce che si posa sulle note di Zama, esordio dei Mòn. Parafrasando il titolo, il disco è come una sorta di guerra punica combattuta a colpi di introspezione e delicatezza, intimismo e malinconia, un viaggio verso l'interiorità del suono e dell'Io, trasfigurato attraverso un pregiato caleidoscopio ritmico dal sapore tutto internazionale e dal songwriting accattivante.
Una sperimentazione, la loro, che abbraccia le visioni di Alt-j e The XX, le suggestioni di Sigur Rós, Efterklang e Mùm, i mondi di un certo post-rock nordico e glaciale a costruzioni sonore più marcatamente colorate e dal piglio personale. Indie-folk raffinato dunque amalgamato a un'elettronica sofisticata, mentre seducenti intrecci vocali sembrano fluttuare tra synth e anime analogiche.
Trame melodiche più morbide duellano con più grintosi episodi elettrici, tra echi evanescenti che conducono l'ascoltatore verso lande lontane, impalpabili (Lungs, Alma) e allucinazioni corali e danzanti (The Flock, Forest Of Cigarettes). Ci sono poi le ballate silenti e soffuse (Indigo, Fragments, Mutter NachtFluorescence, That Melts Into Spring). Chiude il viaggio l'energia multiforme à la Akron/Family di To Marianne.
Un esordio interessante che splende per personalità e scrittura, un album variegato e prezioso pregno di suggestioni, vagando tra universi paralleli
Articolo del
09/05/2017 -
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